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REPORTAGE/ Nel rifugio antiaereo della scuola di Kiev

In classe la vita, nei sotterranei è tutto pronto per la guerra

A Kiev è una domenica di sole e la scuola n.113 nel quartiere di Darnytsa, nella sterminata periferia della capitale ucraina, rimane aperta. Non c'è lezione, ma i ragazzi vengono lo stesso per stare insieme, fare sport, giocare a pallavolo. La luce entra abbondante dalle finestre della palestra, i ragazzi e le ragazze esultano ad ogni punto sotto lo sguardo complice dell'insegnante di educazione fisica, quasi un loro coetaneo. C'è allegria e leggerezza. Ma mentre in superficie scorre la vita, appena due piani più giù, nel sottosuolo dell'edificio di mattoni, è tutto pronto per la guerra e per accogliere i 500 studenti della scuola - dalle primarie alle superiori - in caso di un bombardamento aereo dei caccia di Putin.

Al rifugio si accede da una porta di legno, incastrata tra le classi e i laboratori di falegnameria e carpenteria metallica, in fondo a un classico corridoio di una qualsiasi scuola del mondo: alle pareti i disegni dei bambini più piccoli, i premi sportivi dei più grandi, la memoria storica dell'istituto che sta per celebrare i suoi 70 anni.

Si scende una rampa di scale e si accede a due grandi sale buie e umide. All'interno scorte di acqua, cibo, carta igienica, torce nel caso un attacco interrompesse la corrente, e libri per continuare a studiare o ammazzare il tempo: tutto il necessario quindi per sopravvivere chiusi lì dentro per un certo numero di ore. Il rifugio esiste da quando esiste la scuola, all'epoca le bombe che facevano paura erano quelle che sarebbero potute arrivare da occidente e non da oriente, e alle pareti ci sono ancora dei manifesti sovietici che insegnano a usare le armi, le granate, a rimontare un fucile o le tecniche militari di trincea.

Nel tempo il rifugio aveva cambiato destinazione d'uso, ma nel 2014 con la guerra nel Donbass i locali sono tornati alla loro funzione primaria. E oggi - con la minaccia di una nuova invasione russa - sono nel pieno della loro efficienza, con le scorte alimentari rinnovate regolarmente e le prove di fuga dei ragazzi che nel loro corso di studi hanno lezioni di sopravvivenza una volta a settimana. "Ma non ci serviranno", assicura - o spera - la direttrice della scuola, Nataliya Sheniavska parlando con l'ANSA. "Ho fiducia nella diplomazia, nella capacità di dialogare, nella vostra missione di giornalisti di aiutare a capirci ed aiutare la pace", dice.

"Lunedì è San Valentino, i ragazzi devono pensare a vivere, a volersi bene", continua, mostrando una scatola di cartone decorata con cuori rossi dove si aspetta che gli alunni infilino le loro letterine d'amore.

Anche loro, infatti, sembrano voler allontanare lo spettro di un attacco imminente contro l'Ucraina: "Potrebbe succedere - sostiene Oleg, 20 anni, l'insegnante di ginnastica che gioca con i suoi ragazzi -. Ma non vivo nel timore incessante di dover andare al fronte". Vlada ha 19 anni, è qui con il suo fidanzato e studia giornalismo all'università: "Nei media c'è molto allarmismo - dice -. Tutti temiamo una guerra, ma questo non ha modificato le nostre vite: siamo chiamati a vivere l'ordinario della quotidianità. E' come per il Covid - taglia corto -: la malattia esiste, ma non serve creare altro panico".

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