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Dalla rivolta di Maidan al conflitto con i separatisti

Il conflitto nel Sud Este del Paese che in un anno ha fatto 5mila morti e oltre un milione di profughi


 Dalla rivolta di Piazza Maidan al conflitto nel sud-est, che finora ha provocato 5mila morti e oltre un milione di profughi. Ecco le principali tappe della crisi che insanguina l'Ucraina da oltre un anno: NOVEMBRE 2013-GENNAIO 2014: il governo ucraino decide di sospendere la preparazione della firma dell'accordo di associazione con l'Ue per riavvicinarsi a Mosca, dopo le pressioni russe con l'arma soprattutto della leva energetica (il prezzo del gas). L'opposizione accusa il presidente Viktor Ianukovich di "alto tradimento" e chiede la sua destituzione. Inizia la protesta delle tende a Maidan, nel cuore di Kiev. FEBBRAIO 2014: Dopo tensioni e scontri cruenti, i manifestanti prendono d'assalto il palazzo presidenziale. Ianukovich viene rovesciato. APRILE 2014: due settimane dopo l'annessione della Crimea alla Russia, manifestanti filo-russi si impadroniscono degli edifici pubblici a Kharkiv, a Donetsk e a Lugansk, le principali citta' delle regioni dell'est russofono. I separatisti proclamano la "Repubblica sovrana" a Donetsk. Kiev lancia una operazione militare "antiterrorismo". MAGGIO 2014: referendum sull'indipendenza nelle regioni di Donetsk e Lugansk, con massiccia vittoria dei 'si''. Kiev e i Paesi occidentali giudicano il referendum "illegale". L'oligarca filo-occidentale Petro Poroshenko vince le presidenziali. LUGLIO 2014: Distruzione in volo di un aereo di linea Boeing della Malaysia Airlines, che cade nel territorio controllato dai ribelli: 298 morti. Da Ue e Usa nuove sanzioni economiche contro la Russia accusata di sostenere e armare i separatisti. AGOSTO 2014: I combattimenti infuriano attorno a Donetsk e Lugansk. La Russia decide di porre l'embargo sulla maggior parte dei prodotti alimentari importati da Ue e Stati Uniti come risposta alle sanzioni. Kiev denuncia una "invasione diretta" e si candida a entrare nella Nato. SETTEMBRE 2014: a Minsk, Bielorussia, si riunisce il "gruppo di contatto" sull'Ucraina (i rappresentanti di Kiev, Mosca, dei separatisti e dell'Osce). Viene firmato un accordo per un cessate-il-fuoco, che tuttavia reggerà solo qualche giorno. OTTOBRE 2014: Elezioni parlamentari. Vince il blocco filo-Ue, ma Poroshenko non si rafforza. NOVEMBRE 2014: elezioni nelle autoproclamate repubbliche ribelli, dominate dai separatisti. GENNAIO 2015: nuove fiammate di guerra. Scontri sanguinosi all'aeroporto di Donetsk. Kiev impone lo stato d'emergenza. Amnesty denuncia eccidi di civili da entrambe le parti. FEBBRAIO 2015: Germania e Francia tentano una mediazione europea sganciata dagli Usa. Nato spaccata sull'ipotesi di fornire armi letali alle forze governative ucraine: Usa possibilisti, Angela Merkel guida il fronte del no.

IL PIANO Il contenuto del piano tra Berlino, Parigi e Mosca non è noto. Ma Angela Merkel ha detto esplicitamente che l'obiettivo è porre fine al bagno di sangue e far rivivere gli accordi di Minsk, con una tregua immediata e l'arretramento delle armi pesanti. Hollande dal canto suo ha proposto esplicitamente a Monaco il 7 febbraio una maggiore autonomia per il sud-est, anche se non è ancora ben chiaro di che tipo. Fonti diplomatiche sostengono che sarà delineata una nuova 'linea di contatto' diversa da quella stabilita negli accordi di settembre, e che asseconderà di fatto le recenti conquiste dei ribelli (circa 1.000 kmq di territorio). Le autorità tedesche negano però che saranno fatte concessioni territoriali ai separatisti. Anzi - per venire incontro a Kiev - sembra che sarà messo nero su bianco che "l'integrità territoriale ucraina" non può essere violata. Un altro punto cruciale è la creazione di una zona cuscinetto, che secondo Hollande sarà larga 50-70 km (mentre per gli accordi di Minsk doveva essere larga la metà, 30 km).

Poroshenko ha bocciato l'ipotesi di inviare "forze di pace" (varie fonti ventilavano un intervento dei caschi blu dell'Onu) nel sud-est perché - ha spiegato il presidente ucraino a Monaco - "serve il benestare del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite" e quindi come "minimo sei mesi", mentre basterebbe "un monitoraggio internazionale al confine" per avere "pace e stabilità nel giro di una settimana".

 

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