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Allarme dei sindacati, in Tim si rischiano migliaia di esuberi

Chiesto un incontro urgente al ministro Giorgetti al Mise, accuse al governo sulla rete unica

Acque agitate in Telecom Italia dove aumenta la pressione del consiglio sull'amministratore delegato, Luigi Gubitosi. Undici dei quindici consiglieri del gruppo telefonico hanno scritto al presidente Salvatore Rossi chiedendo la convocazione di un nuovo cda straordinario per discutere della situazione del gruppo e delle strategie. Non si tratta delle sole lettere (le missive sono state più d'una) ricevute da Rossi: anche i sindaci hanno espresso preoccupazione per il trend dei conti, che scontano due profit warning in quattro mesi e che hanno costretto S&P a tagliare a BB il rating del gruppo telefonico, ormai sempre più lontano dall'investment grade. Rossi ha convocato il cda per venerdì 26 novembre. Si tratta del secondo consiglio in due settimane, dopo quello dell'11 novembre chiesto dai consiglieri espressione di Vivendi, primo azionista del gruppo italiano e principale sponsor della necessità di un avvicendamento al vertice di Tim. All'ordine del giorno non figura il tema della governance ma si parlerà di "organizzazione" e "strategia", così come era stato nel consiglio dell'11, nel corso del quale era stato esaminato "il difficile contesto di mercato e le sfide che attendono la società" e "definito il percorso per la preparazione e condivisione del Piano Strategico" al 2024. Ma la situazione, come accade in queste circostanze, è fluida e i rumor si rincorrono: da quelli su ulteriori difficoltà dei conti, fotografate ieri dal downgrade di S&P, a quelli sui nomi di possibili successori di Gubitosi, come l'interno Pietro Labriola, ceo di Tim Brasil. A quanto si dice Vivendi vorrebbe puntare su un manager del settore, italiano e in accordo con Cdp, che sulla vicende di Tim continua a mantenere il riserbo e l'attenzione che richiedono i destini di un'azienda strategica per il Paese e che dà lavoro a 40 mila dipendenti. Le tensioni che scuotono Tim provocano la dura reazione dei sindacati, che se la prendono con il governo, accusato di aver contribuito alle difficoltà del gruppo mettendo nel congelatore il progetto della rete unica (che sconta anche l'ostilità dell'Europa), e con un azionista, Vivendi, che punta "a ribaltare la Governance aziendale, anziché lavorare ad un piano industriale di sviluppo", ha detto il segretario della Fistel-Cisl, Vito Vitale. "Un'azienda che aveva basato il proprio piano di rilancio industriale su un progetto infrastrutturale condiviso dal Governo vede ora rimesso tutto in discussione per il repentino e ad oggi tutt'altro che chiaro cambio di impostazione dell'Esecutivo. C'è in gioco la tenuta occupazionale di Tim con il rischio di migliaia di esuberi e la tenuta di tutto il settore Tlc", hanno scritto Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil al ministro, Giancarlo Giorgetti, minacciando le mobilitazioni "più opportune", incluso lo sciopero, se non dovesse arrivare una convocazione "ad horas" al Mise. Il campanello d'allarme trova ascolto nel Centrosinistra - Pd e in Leu - dalle cui fila vengono rilanciare le preoccupazioni dei sindacati mentre il deputato di Leu, Stefano Fassina, chiede ai ministri Giorgetti e Colao di riferire in Parlamento: "lo Stato italiano, secondo azionista attraverso CDP con quasi il 10% delle azioni Tim, che posizione ha?".
   

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