A 9 anni il debutto, a 13 anni già suonava diretto da Claudio Abbado, a 15 anni incideva il primo disco da solista: oggi, a 38 anni, David Garrett è il "violinista del diavolo", che combina il repertorio classico alla musica contemporanea, tra rock, jazz, rhythm and blues, un crossover che attira sempre più attenzione e da genere di nicchia è diventato un fenomeno da grandi spazi e dischi in vetta alle classifiche. "Faccio parte, con orgoglio, di quella generazione che ha fatto da apripista alla riscoperta di riarrangiare pezzi moderni utilizzando strumenti classici. Del resto il crossover è sempre esistito: Johannes Brahms si rifaceva alla musica ungherese, Mozart è stato influenzato dalla marcia turca e Paganini amava le arie delle opere liriche. L'idea è quella di essere ispirati da ciò che abbiamo intorno". Lui, tedesco naturalizzato americano, ha iniziato "per passione, ma è bello sapere che è un modo per avvicinare i giovani alla musica classica", spiega il maestro, a Roma per presentare Explosive - Live (dall'album omonimo uscito nel 2015), il suo primo tour nei palazzetti italiani. Quattro date in ottobre: il 17 al Palalottomatica di Roma, il 19 al Nelson Mandela Forum di Firenze, il 20 al Mediolanum Forum di Assago (Milano) e il 21 al Palaonda di Bolzano. Un live da due ore e mezzo nel quale sarà accompagnato dalla sua band di cinque elementi e che vede in scaletta pezzi come Purple Rain di Prince ("tra i miei preferiti per la transizione tra violino acustico e violino elettrico"), Viva la Vida dei Coldplay, L'estate di Vivaldi. "Più che una responsabilità, è un onore suonare in questi luoghi. Ma i palasport non sono arrivati per caso: sono il frutto di 10 anni di lavoro, di passione. Non sono un premio, ma un'evoluzione naturale", aggiunge Garrett, tatuaggi in mostra (ognuno dei quali gli ricorda una tappa della sua vita) e capelli con meches biondo platino, che può vantare 23 dischi d'oro e 16 di platino conquistati in tutto il mondo.
Nel suo repertorio brani di autori come Vivaldi e Beethoven vanno a braccetto con quelli degli U2, dei Nirvana, dei Metallica e degli Aerosmith. "Ho gusti che spaziano. Non potrei dire di avere un compositore o una band preferita: come per il cibo, può diventare ripetitivo mangiare sempre la stessa pietanza anche se deliziosa. E in concerto non metto troppi pezzi di una sola band: fare due ore e mezzo solo di Ac/Dc, che adoro e trovo eccezionali, sarebbe noioso. La musica e la sua varietà rendono la mia vita interessante e i miei concerti sono una sorta di ottovolante di emozioni".
Una vita dedicata quasi interamente al violino, fin dall'infanzia. "E' stato difficile? Sì. E' stato stressante? Sì.
E' stato un sacrificio? Sì. Ma è stato il passato che mi ha permesso di essere quello che sono oggi e ne vado fiero. Per niente al mondo cambierei la mia infanzia, ma di certo non la rivivrei", dice sorridendo e sottolineando come ogni musicista classico debba molto all'Italia. "E per un violinista come me, il riferimento non può che essere Paganini".