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'Intervista alla sposa', quanto sangue tra uomo e donna

Silvio Danese ricostruisce una vicenda di femminicidio

ROMA - SILVIO DANESE , INTERVISTA ALLA SPOSA (LA NAVE DI TESEO, pp. 529 - 19 euro) È inevitabile, quando in un romanzo si confrontano un uomo e una donna alla fine diventa una questione di genere, di confronto, di ciò che distingue. Di guerra. E fino alle estreme conseguenze. Questo vale anche di più in 'Intervista alla sposa', romanzo più filosofico che noir di Silvio Danese che sarebbe riduttivo immaginare come una semplice storia di femminicidio (che ha comunque ispirato l'autore).
    Qui si gioca più in alto, perché l'ossessiva intervista di uno scrittore a Stefania, con alle spalle vent'anni di matrimonio, due figli e un marito violento ucciso solo per legittima difesa, apre scenari affatto individuali e di semplice cronaca.
    Lei è in prigione e subisce, con la disinvoltura di una donna ancora bella, la curiosità morbosa di questo scrittore che prende appunti, registra e soprattutto pensa, rimugina, riascolta il nastro per ripensare, valutare, considerare, rivedere. Proprio come la scrittura del romanzo che non è altro che il flusso del pensiero di quest'uomo che si incontra e confronta con un archetipo, con il mistero di una donna che ha il potere dell'incantamento, della fascinazione, capace di terrore, leggerezza, candore.
    Così Danese gioca con frasi sincopate, minimaliste, ma poi vola in arabeschi letterari, in monologhi ossessivi quanto necessari. Folgorante quello, tra i moltissimi, dedicato appunto a Stefania in quanto vittima della cultura maschile, ma allo stesso tempo invitta, una Dea terribile che atterrisce per la sua forza: "Lei ha sempre qualcosa da dire per difendersi, vuole avere ragione. Recrimina ragione davanti all'evidenza. Le sue parole non si fermano mai e amplificano la spudorata disubbidienza della sua pelle, delle cosce, del sesso.
    Provocatrice. Lui l'ha conquistata. In un certo senso l'ha pagata con lavoro incessante, quotidiano e storico, del suo delirio. Così Dino deve fare qualcosa, esce dalla scena, sale sul podio, lascia montare nel sangue la forza che spinge dalla gloria di reprimere, castiga, perdio. E col suo particolare rito domestico si allinea all'insaziabile desiderio di morte della terra".
    Come in uno specchio lo scrittore, mentre inevitabilmente si innamora di Stefania, rivive con lei, come in un ripasso esistenziale, le forme del matrimonio, della gelosia, del tradimento. Si rivede.
    Tutto viene ricostruito, passo dopo passo: l'innamoramento di Stefania e Dino, le loro storie familiari e soprattutto la gelosia ossessiva di lui, una gelosia nel segno della paura e causa del delitto. "Lui aveva paura, aveva paura di me. Così come ero in quel momento, col mio corpo, libera di fare quello che volevo. Non so come dire, invece di un invito diventava un pericolo. Cosa facevo di male? Ero la sua femmina, per sempre.
    Per me sposati è sposati. E me lo aveva chiesto lui! Gli piaceva, perché lo so che gli piaceva guardarmi, e nello stesso tempo non gli piaceva. Quanto c'è voluto per capirlo, cioè non per capirlo, io intuivo che c'era qualcosa del genere, oh, non so, non riesco a spiegarmi".
    Ma non è certo solo la gelosia a incitare il dramma che si consuma tra Dino e Stefania: sarebbe troppo facile e non farebbe giustizia al libro di Danese che si agita invece nella infinita meraviglia e nel mistero dell'incontro tra uomo donna. (ANSA).
   

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