(ANSA) - BOLOGNA, 23 GIU - Canali 'informali' vincenti per
entrare nel mercato occupazionale italiano: negli ultimi dieci
anni, infatti, "quasi un lavoratore su quattro (il 23%)" ha
trovato impiego tramite amici, parenti, o conoscenti, il 9%
attraverso contatti stabiliti nell'ambiente lavorativo. E,
globalmente, "tra il 2011 e il 2021" il cosiddetto 'passaparola'
ha fatto nascere "il 56% dell'occupazione", pari a "circa 4,8
milioni di posti" sottratti alla intermediazione "palese". È
quanto affiora da uno studio dell'Inapp (Istituto nazionale per
l'analisi delle politiche pubbliche), che prende in esame i dati
dell'indagine Inapp-Plus, che da oltre 15 anni analizza la
dinamica dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro; lo
studio viene illustrato oggi, a Bologna, nella giornata di
apertura del Festival del lavoro, promosso dal Consiglio
nazionale e dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro.
Tra i canali formali, viene sottolineato, "si riduce il ruolo
dei concorsi pubblici (10% per chi ha trovato lavoro, sette
punti percentuali in meno, rispetto a dieci anni prima), effetto
della riduzione del perimetro del settore e del blocco del
'turn-over' nella Pa. Si registra, inoltre, un crescente (ma
sempre inferiore rispetto ai principali canali informali)
ricorso alle agenzie private e ai 'job center' delle istituzioni
scolastiche e formative, andamento, evidenzia l'Inapp, "dovuto
anche alla loro più recente istituzionalizzazione". Per il
presidente dell'Istituto Sebastiano Fadda, "la prevalenza
dell'accesso all'occupazione tramite i canali informali
rappresenta ormai un tratto strutturale" del mercato, con
"distorsioni rilevanti sulla qualità dell'allocazione delle
risorse umane. I dati mostrano che i canali formali (a parte i
concorsi pubblici, ci si riferisce prevalentemente ai centri per
l'impiego) intermediano le posizioni lavorative meno retribuite
e caratterizzate da bassi livelli di istruzione". E, dunque,
incalza, "chiudendo, di fatto, i canali formali di accesso
pubblico alle posizioni migliori si restringe il campo della
contendibilità, e si riduce l'area di scelta per gli stessi
datori di lavoro, compromettendo spesso la valorizzazione del
merito", e il funzionamento del cosiddetto "ascensore sociale".
(ANSA).