(ANSA) - NAPOLI, 17 GEN - E' stata la conversione all'Islam,
un espediente adottato all'inizio per sfuggire alla morte e poi
diventata scelta di fede, a tenere in vita Bruno Carbone, il
braccio destro del narcotrafficante internazionale Raffaele
Imperiale, soprannominato il "boss dei Van Gogh". A rivelarlo è
Il Mattino.
Secondo alcune indiscrezioni trapelate su alcuni organi di
stampa lo scorso novembre, successivamente confermate, Carbone è
stato arrestato nel nord-ovest della Siria da una milizia una
volta legata ad al Qaida. La milizia in questione, la Hayat
Tahrir al Sham (Hts), è una formazione militante salafita,
strattamente legata ad Ankara e attualmente attiva e coinvolta
nella guerra civile siriana.
Carbone - riporta il quotidiano - dopo l'arresto avrebbe
subìto torture, minacce e ormai temeva di essere ucciso quando
ha deciso - per salvarsi la vita - di chiedere ai suoi aguzzini
una copia del Corano. Una "trovata" inizialmente finalizzata ad
evitare una probabile esecuzione e poi diventata una seria e
convinta scelta di fede.
Dalla sua latitanza dorata di Dubai aveva deciso di fuggire dopo
avere capito che ormai il suo arresto era imminente. Sotto falso
nome, a bordo del jet di un sultano e pagando ben 60mila euro, è
approdato in Turchia da dove intendeva partire per il Sud
America. Ma viene catturato dai miliziani e così comincia un
calvario che dura molti mesi. Fino alla liberazione, a metà
dello scorso novembre, e la consegna all'Italia sulla quale ha
messo piede da musulmano. (ANSA).
Boss droga "salvo" grazie alla sua conversione all'Islam
La storia di Carbone,luogotenente del trafficante dei "Van Gogh"
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