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Rella indaga gli sguardi di Manet

Rella indaga gli sguardi di Manet

Libro esce assieme apertura grande mostra a Milano

ROMA, 13 marzo 2017, 10:10

Paolo Petroni

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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FRANCO RELLA, ''IL SEGRETO DI MANET'' (BOMPIANI, pp. 188 - 11,00 euro).
    ''Ho voluto mostrare in Manet uno dei pittori più segreti e più difficilmente penetrabili'' scrive Geroges Bataille nel suo saggio sul pittore francese, citato da Franco Rella, filosofo e docente di estetica a Venezia, nel suo saggio sullo stesso artista, che definisce: ''certo il più degno di annunciare la nascita della pittura moderna che dispiega davanti ai nostri occhi la ricchezza e la varietà delle sue forme''. Si tratta di pagine molto interessanti, anche se la loro lettura richiede un po' di impegno, specie se si è andati a visitare o lo si vuol fare la grande mostra su Manet appena inaugurata a Milano a Palazzo Reale, aperta fino al 2 luglio, che intende raccontare il percorso artistico del grande maestro (1832-18823) che, in poco più di due decenni di intensa attività, ha prodotto 430 dipinti, due terzi dei quali copie, schizzi, opere minori o incompiute. Un corpus in sé affatto esteso, ma in grado di rivoluzionare il concetto di arte moderna. Una vicenda la sua, che si intreccia a quella di altri celebri artisti, molti tra loro compagni di vita e di lavoro di Manet, frequentatori assieme a lui, di caffè, studi, residenze estive, teatri.
    Rella dice a colpirlo nei quadri di Manet ''sono gli occhi e gli sguardi dei suoi ritratti, che provocano, come dice Bataille, una sensazione di malessere, come lo sguardo obliquo dell'Innocenzo X di Velazquez o gli occhi delle figure del Pontormo'' e finisce chiedendosi dove guardino appunto i vari personaggi ritratti da Manet, dall'Olympia alla donna de 'Le chemin de fer' o quella al bancone del 'Bar aux Folies-Bergère'.
    Rella, convinto che solo attraverso le parole di grandi scrittori, la loro ''scuola dello sguardo'', si possa cogliere la forza dirompente di certi artisti (e in queste pagine dopo aver indagato Battaille che parla di Manet, affronta Genet su Rembrandt e Giacometti, Artaud su Van Gogh e Rilke su Cezanne) conclude annotando che Bataille ''è ben cosciente che la morte del soggetto pittorico non apre a una pittura intransitiva che rappresenta solo se stessa, ma apre a un vuoto, una sottrazione, che è il soggetto tragico che le è sotteso, e che ne 'Le balcon' (quadro del 1868 conservato al Musée d'Orsay da dove vengono le opere della mostra milanese) addirittura riaffiora in primo piano negli occhi di Berthe Morisot (una delle figure ivi ritratte), con una profondità abissale, una grevità tempestosa.
    Occhi che sembrano fissati sulla scena cava, lontana e perduta, di una misteriosa tragedia. E che sembrano guardare profeticamente al secolo venturo, quel Ventesimo secolo in cui la pittura per rappresentare la realtà del proprio tempo ha dovuto segregarsi, aprire in se stessa insanabili crepe, in un processo di profonda e drammatica defigurazione''. E' questo senso tragico, questo vuoto che crearono scandalo ai tempi di Manet e che oggi siamo capaci di riconoscere come segni del disagio e dell'inquietudine moderna, tanto che è uno degli artisti che più hanno suscitato l'interesse di scrittori, da Mallarmé a Valéry sino a Foucault, affascinati dal tentativo di penetrarne il mistero, il senso intimo, profondo, degli sguardi dei suoi ritratti e delle ambientazioni scelte, che va ben al di là della tela e del momento in cui fu dipinta. Per Rella e per Bataille il quadro capolavoro è 'L'Olympia', ispirata alla Venere di Tiziano e alla Maja di Goya, dipinta nel 1863 e esposta al Salon del 1865, dove provocò un immediato putiferio, ancor più violento di quello che due anni prima aveva accolto 'Le déjeuner sur l'herbe'. Tra l'altro la donna ritratta era con tutta evidenza una prostituta e già questo era ritenuto scandaloso se il critico Julés Claretie scrisse di ''ignobile modella pescata chissà dove.... odalisca dal ventre giallo''. Se persino Courbet si espresse molto criticamente, ci furono però personaggi come Baudelaire e Zola che invece ne capirono subito l'importanza, quella capacità unica di svelarci il segreto di Manet, di presentarsi come quella ''bomba simbolica'', per usare la definizione di Bourdieu, che ha aperto la drammatica strada all'avventurosa arte del XX secolo e oltre.
   

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