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La lezione del latino di Ivano Dionigi

La lezione del latino di Ivano Dionigi

Il filologo tra saperi antichi e incomprensioni dei tempi social

BOLOGNA, 06 ottobre 2016, 11:17

Giampiero Moscato

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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 IVANO DIONIGI, IL PRESENTE NON BASTA - LA LEZIONE DEL LATINO (Mondadori, pp.112, 16 Euro). "A fronte della chiacchiera imperante e di una vera e propria anoressia del pensiero, il latino ci mette a parte di una triplice eredità: il primato della parola, la centralità del tempo, la nobiltà della politica". È la massima scelta per la quarta di copertina del libro appassionato e profondo con cui Ivano Dionigi, dal 2009 al 2015 Rettore dell'Alma Mater Studiorum-Università di Bologna, professore ordinario di Lingua e Letteratura Latina, presidente della Pontificia Accademia di Latinità (chiamato a questo incarico in Vaticano da Benedetto XVI) e fondatore del Centro studi "La permanenza del classico", sintetizza la sua storia di filologo classico e il suo messaggio scientifico.
    Perché sulla parola, sul tempo e sulla politica Dionigi ha costruito l'edificio della sua storia pubblica e privata.
    Successore del maestro Alfonso Traina, il latinista di nascita pesarese infatti fu eletto consigliere comunale indipendente nelle liste del Pci a Bologna nel 1990, carica mantenuta fino al 2004. Di fronte alle suggestioni della città, da cui emerse la richiesta di candidarsi a sindaco, scelse nel 2015, l'anno in cui avrebbe lasciato il Rettorato, di fare tuttavia quello che "sapeva fare meglio", studiare e insegnare il Latino. E a divulgarne i precetti. Eccone alcuni. "Il latino mi ha insegnato il primato della parola. La parola, il verbum, è materia prima: come la pietra, il legno, il ferro", scrive in proposito Dionigi riprendendo l'amico Daniele Del Giudice. Frase analoga sulla centralità del tempo: "A Roma tutto è nel segno del tempo (sub specie temporis), tutto è qui e ora (hic et nunc), in opposizione alla Grecia, dove tutto è nel segno dell'eterno, è ovunque e sempre (ubique et semper). Concetto identico sulla nobiltà della politica, spiegata attraverso un dotto utilizzo della "res" romana, che dal significato generico di "cosa" diventa carattere latinissimo, simboleggiato nella massima catoniana "rem tene, verba sequentur": attieniti ai fatti, le parole seguiranno. Indicando così la priorità del fare, della realtà, sul dire. I fatti anticipano, le parole spiegano. Per parlare poi della "res publica", la cosa pubblica, concetto e creazione che resero grande Roma e il suo lascito ai posteri. Ecco, per Dionigi le difficoltà delle comunicazioni dell'oggi, gli ostacoli alla comprensione in epoca di massima comunicazione social, si spiegano anche con il divorzio delle parole (verba) dalle cose (res), che perseguono le une e le altre "una sciagurata autonomia". Se si è giunti a una Babele linguistica, è dunque pure per colpa di un abbandono del Latino e degli studi classici. La foto de filologo classico Dionigi può avere una giusta didascalia in una sua propria frase: "La filo-logia, la cura e l'amore per la parola, trascende il significato di disciplina specialistica e di mestiere umbratile di pochissimi studiosi, e si eleva a impegno severo e nobile di ogni uomo che non intenda né censurare né censurarsi". Siamo tutti filologi, conclude Dionigi. Ma serve scuola per istruire l'unico "vivente che ha la parola". Studiare latino aiuta a sapere e Dionigi, tra gli esempi, cita quello della Vaticanista dell'ANSA Giovanna Chirri, la cronista dello scoop mondiale sulle dimissioni di Papa Ratzinger, reso possibile dalla sua conoscenza della lingua dei padri.
   

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