di Ida Bini
Mai è stato messo in discussione
l'amore di Napoli per Diego Armando Maradona, il grande campione
scomparso, che ha indossato la maglia della squadra partenopea
dal 1984 al 1991 e che ha regalato al club due scudetti, una
Coppa Italia e una Supercoppa italiana. Ancor di più oggi, di
fronte al dolore dei napoletani per la morte del numero 10
argentino, ci accorgiamo che il loro legame era, è e resterà
indissolubile. La città ha perso uno dei suoi "figli", «un uomo
che ha saputo interpretare l'unione tra città e squadra» ha
commentato il sindaco di Napoli Luigi de Magistris, che ha
interpretato il pensiero di un'intera città facendosi portavoce
di una bella iniziativa. «Lo stadio si chiamerà Diego Armando
Maradona. Lo vuole il popolo, unanimemente, perché Diego ha la
capacità di unire tutti i napoletani». Ed è dallo stadio San
Paolo di Napoli che inizia un virtuale viaggio sui luoghi
simbolo del grande calciatore, dove ha fatto sognare una squadra
e una città ma anche molti appassionati di calcio in tutto il
mondo, a partire dal 10 maggio 1987 quando il Napoli vinse il
suo primo scudetto. Fu una festa indescrivibile, proprio come
l'omaggio che i napoletani hanno reso al "dio del calcio" alla
notizia della sua scomparsa, riuniti in pellegrinaggio davanti
allo stadio di Fuorigrotta con lumini, fiori e sciarpe azzurre
con il volto dell'amato idolo. I tifosi si sono radunati anche
in via Emanuele De Deo, nei quartieri Spagnoli, dove c'è il
primo murale dedicato al campione, un ritratto fatto in
occasione dello scudetto.
Se lo stadio San Paolo era la sua casa da calciatore, Posillipo
fu il luogo che scelse per abitarci, uno dei quartieri più belli
di Napoli, precisamente in via Scipione Capece. Un altro luogo
amato dal calciatore è il centro sportivo Virgilio, in via Carlo
Tito Lucrezio, dove giocava a pallone con la gente del quartiere
o a calcetto con gli amici, e il ristorante "Ciro a Mergellina",
dove andava spesso a mangiare con la famiglia. In realtà ogni
angolo di Napoli testimonia il passaggio del campione e gli
omaggi non si contano, ma restano immortalati nei ricordi di
ristoratori e fiorai, di bottegai e artisti come Jorit che a San
Giovanni a Teduccio gli ha dedicato un gigantesco murale tra i
più fotografati d'Italia. Immortalato e osannato anche nei
presepi di San Gregorio Armeno, che permettevano a chiunque di
portarsi a casa la statuetta del Pibe de Oro.
Fuori da Napoli è Buenos Aires la città simbolo della sua vita e
della sua scomparsa. Mentre gli argentini piangono la salma alla
Casa Rosada, il palazzo presidenziale dove è stata allestita la
camera ardente, c'è già un pellegrinaggio nei suoi luoghi più
amati: Lanús, la città dove nacque 60 anni fa, a sud di Buenos
Aires, e il quartiere La Paternal, dove Maradona è cresciuto e
ha iniziato a giocare a calcio con la squadra Argentinos Junior.
Nello stadio che porta il suo nome merita una visita il museo
con i trofei e i riconoscimenti ottenuti dall'argentino dal
1976, anno d'esordio nel mondo del pallone. Il quartiere, tra
l'altro, è stato recentemente dichiarato "The Soccer Capital of
the World", la capitale del pallone, in onore di Diego. Un altro
luogo imperdibile è La Bombonera, lo stadio Alberto José Armando
nel quartiere Boca dell'amata squadra Boca Juniors, dove si
visitano le tribune, gli spogliatoi e il parco privato di
Maradona. Meta di pellegrinaggio a Buenos Aires è anche la
basilica del Santissimo Sacramento dove il 7 novembre 1989 si
unì in matrimonio con Claudia Villafañe in una celebre e
sfarzosissima festa collettiva.
Maradona era anche un cittadino del mondo: amava viaggiare e si
sentiva a casa un po' ovunque. Soprattutto a Corrientes, la
città più antica nel nord-est dell'Argentina: il cuore verde del
Paese, al confine con Brasile e Paraguay, divenne il suo primo
buen retiro, un luogo dove isolarsi dal mondo e dallo stress di
essere il numero uno, sempre tra alti e bassi. Qui comprò una
bella tenuta che con gli anni ingrandì fino a realizzare un
immenso ranch. E qui tornava ogni volta che poteva per pescare i
dorados, pesci d'acqua dolce che popolano il fiume Paranà. Amava
pescare anche al largo di Cuba, che divenne uno dei suo i luoghi
preferiti: amico di Fidel Castro, si recò per la prima volta a
La Havana nel maggio del 1987 ospite del Líder Máximo da cui si
rifugiò spesso, spinto dalle sue idee progressiste e anche per
disintossicarsi dagli abusi di alcol, cibo e droga. «E' il più
grande della storia» commentò Maradona di Fidel che, a sua
volta, lo chiamava "il Che Guevara dello sport". Le sue
convinzioni politiche lo portarono frequentemente anche in
Venezuela dove era sostenitore di Chavez, leader
dell'ultrasinistra e presidente della Repubblica fino al 2013.
Maradona si dichiarò "soldato" dei leader brasiliani Dilma e
Lula, sostenne Daniel Ortega e fu sodale di Evo Morales, capo di
Stato della Bolivia. Ebbe una grande simpatia politica e umana
anche con Pepe Mujica, il presidente uruguagio, e con Rafael
Correa, ex presidente dell'Ecuador.
Recandosi spesso a Cuba, si comprò casa a Miami dove amava
divertirsi a "fare l'americano" girando per le strade della
metropoli con auto decappottabili e facendo lunghi aperitivi in
riva al mare o alle piscine con vista sull'oceano. Era un uomo
del Sud ma fu anche molto legato al Giappone, il Paese che ai
tempi dei grandi successi lo riempì di soldi grazie agli sponsor
di cui era testimonial: i suoi spot pubblicitari di sigari,
whisky, automobili e telefoni erano pagati a peso d'oro. A Tokyo
comprò casa e aprì una delle filiali della sua società che negli
ultimi anni si era espansa anche ai mercati arabi, e in
particolare a Dubai, dove aveva trasferito la sua residenza e
dove viveva nell'esclusivo quartiere The Palm con vista
mozzafiato sul centro business della città, una spiaggia privata
e l'immancabile campetto di calcio perché il pallone era, e
resterà, il suo vero amore.
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