Crisi di governo e voto
anticipato per la Repubblica di San Marino. Ieri sera si sono
dimessi in massa i consiglieri della 30/a legislatura,
decretando di fatto, lo scioglimento del Consiglio Grande e
generale, il parlamento della Repubblica.
Dire che non c'erano più i numeri per governare non basta a
spiegare il perché anche questo Governo, l'ennesimo dal 2006,
non sia giunto alla fine naturale del mandato. L'ultima volta
volta si è votato a dicembre del 2019 e la maggioranza del Paese
era ancora nelle mani del Pdcs, il partito democratico cristiano
sammarinese, guidato da Luca Beccari. Ieri tutti i gruppi
consiliari (Npr - Alleanza Riformista, Pdsc, Libera e Partito
dei socialisti e dei democratici, Repubblica Futura e Rete) si
sono dimessi e non è stata una sorpresa.
I primi scricchiolii si erano avuti a maggio del 2023 quando
Rete aveva lasciato la compagine di Governo con le dimissioni di
due ministri chiave, quello alla Sanità che aveva gestito tutto
il periodo della pandemia, e quello degli Interni. Il successivo
rimpasto all'Esecutivo aveva premiato Democrazia cristiana e
Socialisti e democratici con un dicastero in più a testa. Una
tregua fredda, non senza malcontenti, per alcune scelte di
Governo come quella sulla riforma delle norme sulle società e
quello sulla fiscalità in particolare le "residenze fiscali non
domiciliate" sono sembrate a molti delle forzature.
Uno stallo che si è protratto fino alla scelta dei prossimi
Capitani Reggenti (i capi di stato senza poteri esecutivi, che
stanno in carica un semestre), Alessandro Rossi e Milena
Gasperoni, per il mandato che parte il primo aprile prossimo.
Per la loro elezione la maggioranza di Governo è andata sotto e
la Reggenza che partirà sarà di garanzia. Peserà sulle future
elezioni, che potrebbero tenersi entro a 2 mesi, l'accordo di
associazione con l'Unione europea sul quale la democrazia
cristiana punta il tutto per tutto.
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