La campagna di mais 2023 conferma uno stato di sofferenza del comparto che continuerà nel 2024. Nonostante il buon andamento delle rese, per la prima volta negli ultimi 160 anni, la superficie coltivata schede sotto i 500mila ettari. La produzione raccolta, sia pure risalita da 4,7 a 5,3 milioni di tonnellate, resta inferiore al 45% del fabbisogno nazionale. Un trend destinato a continuare quest'anno con un'ulteriore diminuzione del 6% delle superfici, con punte superiori al 12% nel Nord Est. È il quadro emerso nella Giornata del Mais 2024 promosso dal Crea di Bergamo, con la partecipazione di ricercatori e i principali attori della filiera. Un'edizione incentrata sul possibile rilancio strategico della coltura in un'ottica green, nell'ambito della cosiddetta agricoltura rigenerativa. Si tratta di un sistema più sostenibile da un punto di vista ambientale (controllo dell'emissione dei gas serra) ed economico (approvvigionamenti delle materie prime agricole), integrato con l'approccio olistico dell'agricoltura biologica, senza limiti all'adozione di innovazioni tecnologiche nella nutrizione, nella difesa e nel miglioramento genetico, che incorpora gli obiettivi della carbon farming e una visione più vicina al mercato e ai consumatori.
"L'agricoltura rigenerativa - spiega Nicola Pecchioni, direttore del Crea Cerealicoltura e Colture Industriali - pone una rinnovata attenzione al suolo, alla sua sostanza organica, alla fertilità dei terreni e dei sistemi seminativi. Occorre più ricerca in tal senso, perché non basta il supporto alla coltivazione e alle filiere". Il mais, quindi, potrebbe rappresentare la coltura chiave per sostenere il bilancio carbonico delle aziende agricole, in quanto ha una capacità produttiva superiore a quella di tutti gli altri seminativi nazionali. In tutto questo le nuove biotecnologie consentono di ottenere varietà adatte all'agricoltura rigenerativa. I risultati del monitoraggio del contenuto di micotossine in granella condotto dalla Rete Qualità Mais coordinata dal Centro Cree di Bergamo, ha evidenziato che il 7% dei campioni ha un contenuto in aflatossine superiore ai 20 µg/kg, estremamente inferiore a quanto rilevato per la campagna maidicola 2022, nella quale il 26% dei campioni era al di sopra di tale valore.
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