Dare la 'sveglia' alle difese immunitarie riattivando in modo mirato i linfociti T che sono in grado di combattere il virus dell'epatite B cronica: è quanto permette di fare una nuova molecola immunoterapica sperimentata su modelli animali dai ricercatori di Ospedale e Università Vita-Salute San Raffaele, in collaborazione con la startup americana Asher Biotherapeutics.
I risultati, pubblicati su Science Translational Medicine, pongono le basi per lo sviluppo in clinica di un’immunoterapia per questa grave patologia che colpisce oltre 300 milioni di persone nel mondo. Nei pazienti colpiti dall'epatite B cronica, il sistema immunitario non riesce a debellare il virus Hbv responsabile della malattia, che continua a sopravvivere e riprodursi nelle cellule del fegato. Già nel 2019, uno studio pubblicato su Nature dagli stessi ricercatori del San Raffaele aveva dimostrato che ciò accade perché i linfociti T deputati a combattere il virus risultano disfunzionali fin dalla loro attivazione.
La loro caratterizzazione aveva anche permesso di identificare una molecola messaggero capace di risvegliarli, l’interleuchina-2, già sperimentata con successo sia in cellule in coltura (ottenute da campioni di pazienti) sia nel modello animale. L’interleuchina-2, però, può causare gravi effetti collaterali se somministrata in maniera sistemica, perché non raggiunge unicamente il suo bersaglio, i linfociti T, ma anche le cellule Natural Killer che inducono tossicità e alcune cellule regolatorie che inibiscono la risposta immune. Per risolvere questo problema, i ricercatori hanno pensato di legarla a un anticorpo specifico che la indirizzasse in maniera mirata solo ai linfociti T.
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