Una volta messe in sicurezza le
categorie più fragili ed esposte al Covid-19, per uscire dalla
crisi legata alla pandemia è necessario mettere in campo un mix
di politiche all'insegna di "lockdown più smart e vaccinazione
attenta alla salute ma anche al Pil". Sono queste le principali
conclusioni di due studi, basati su evidenze scientifiche emerse
dall'analisi di grandi numeri, presentati nel corso di una
conferenza online organizzata da Big Data in Health Society
(Bdhs).
Il primo studio, condotto da Antonio Scala, presidente di
Bdhs e ricercatore dell'Istituto dei sistemi complessi del CNR,
è stato appena pubblicato su Scientific Reports, rivista del
Gruppo Nature: ha cercato di rispondere alla domanda se sia
possibile applicare il lockdown in maniera differenziata per
categorie lavorative, in modo da abbassare la diffusione del
virus mantenendo dei livelli di economia sostenibile. "Se
dovessero essere ancora necessarie in futuro misure di lockdown
- spiega Scala - sarebbe fondamentale sviluppare prima
un'infrastruttura per il contact tracing in modo da fare
interventi targettizzati. Un tale approccio, pur non dimostrando
spesso di essere in grado di smorzare i focolai sul nascere,
permetterebbe di minimizzare almeno gli impatti economici".
Il secondo lavoro, guidato da Angelo Facchini, ricercatore
della Scuola Istituzioni Mercati Tecnologie (Imt) di Lucca, ha
studiato un criterio di priorità vaccinale in un'ottica di
attenzione al lavoro. "Chi telelavora incide in maniera diversa
sulla mobilità e quindi sulla diffusione del virus. Tra
individui paragonabili per condizioni di salute ed età, quindi,
sarebbe consigliabile - spiega Facchini - vaccinare con priorità
chi non può fare smart working ed è sottoposto a cassa
integrazione. In questo modo, sarebbe possibile riallocare i
fondi destinati alla Cig". Per questo, "rimodulare le priorità
di vaccinazione sulla base del rischio disoccupazione
consentirebbe una categorizzazione dei soggetti che potrebbero
incidere maggiormente sull'economia".
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