Acquistavano eroina a Roma
rivolgendosi a spacciatori gambiani e senegalesi per poi
consumarla e in parte rivenderla all'Aquila per finanziare l'uso
personale: la Squadra mobile del capoluogo regionale, al termine
di una complessa e articolata attività investigativa, sta
eseguendo misure cautelari nei confonti di 16 persone, 10
cittadini italiani, 4 gambiani e 2 senegalesi, ritenuti
responsabili di numerosi episodi di spaccio di sostanze
stupefacenti. In particolare, nell'ambito dei provvedimenti
attuati a Roma, L'Aquila e Pescara, 9 indagati sono finiti in
carcere, 4 ai domiciliari con 3 con l'obbligo di dimora nel
comune di residenza. Le indagini hanno avuto inizio dal caso
della morte di un giovane aquilano nei mesi scorsi per presunta
overdose da eroina, sul quale non sono emerse responsabilità dei
16 indagati. La operazione scattata oggi, non ha portato a
sgominare una banda ma ha fatto emergere casi di spaccio
individuali da parte di tossicodipendenti che, anche con mezzi
pubblici, raggiungevano Roma per acquistare eroina che poi in
parte consumavano e in parte immettevano nel mercato aquilano da
quale la richiesta era rilevante. La piazza aquilana era
considerata interessante per i rifornitori gambiani e senegalesi
visto che in molte occasioni si sono spostati da Roma all'Aquila
per consegnare la droga: a tale proposito, un cittadino gambiano
nei mesi scorsi aveva affittato un appartamento in centro
storico per essere poi arrestato è stato arrestato con il
sequestro di circa 450 grammi di eroina e 4.800 euro in
contanti. Le indagini hanno evidenziato il pericolo elemento
della scarsa qualità dell'eroina che, in alcune occasioni,
provocava dei malori ai tossicodipendenti tanto da far
preoccupare gli stessi acquirenti-spacciatori che si lamentavano
con il rifornitore straniero perché l'eroina era stata "tagliata
male" e, quindi, loro stessi avevano ricevuto rimostranze dai
consumatori finali: "questa qua non va bene, non si riesce a
lavorà bene!...questa dà troppe lamentele…troppe lamentele...".
Gli accordi venivano sempre presi telefonicamente o di persona
con linguaggio criptico: per indicare le dosi "due panini"
oppure "un tavolo da quattordici e uno da otto". Le indagini
avrebbero dimostrato come gli indagati abbiano immesso ingenti
quantitativi di eroina con una regolare e continua attività di
spaccio della droga da parte degli indagati.
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