Due modi di intendere il
pianoforte e l'interpretazione dello standard jazz. Uno è andato
in scena ieri sera all'Arena Santa Giuliana e l'altro oggi nella
più intima sala Podiani della Galleria Nazionale dell'Umbria,
nella giornata del risveglio dopo il primo sabato sera di Umbria
Jazz. A Diana Krall, una delle più famose e amate star del jazz
e presenza rituale al festival dal 1996, ha "risposto" Fred
Hersch un autentico battitore libero e al suo esordio a Perugia
ospite per la prima volta della kermesse musicale.
La cantante-pianista canadese si è esibita davanti a circa
3.000 spettatori e lei ha ripagato alla sua maniera trasformando
l'arena, main stage del festival, in vero e proprio teatro a
cielo aperto. La Krall si è misurata con il grande songbook
americano prediletto da chiunque faccia jazz. Quello che, del
resto, da sempre impreziosisce il suo repertorio e il pubblico
di Umbria Jazz ne ha potuto avere ancora un corposo assaggio.
Standard infilati uno dietro l'altro, tra cui "L-o-v-e", "I've
got you under my skin", "Boulevard of broken dreams". Un rituale
che si ripete da 23 anni ormai e, a distanza di tre anni dalla
precedente apparizione, la musicista è tornata con il suo trio e
con due ospiti davvero molto speciali come Joe Lovano al sax e
Marc Ribot alla chitarra. Le esibizioni al festival di Diana
Krall sono sempre veri e propri eventi per il pubblico di un
festival che ha seguito tutte le evoluzioni della sua carriera e
che si è innamorato del suo elegante tocco pianistico e della
calda vocalità praticamente subito.
Era il 1996 e la Krall si esibiva a Perugia come resident
artist in un piccolo club intitolato in suo onore Blue Gardenia,
visto che aveva appena inciso un disco tributo a Nat King Cole.
Davanti a circa 350 persone, nel doppio concerto della
mattina e del pomeriggio ed in trio con John Hébert ed Eric
McPherson, ha suonato invece Hersch dimostrando, con le due ore
totali di concerti, perché è considerato uno dei musicisti jazz
contemporanei più carismatici. Hersch sembra essere uno del
tutto indifferente ai generi e che si è tracciato la sua strada
e la percorre senza cedere a mode e tendenze di successo, capace
di spaziare dal jazz di Thelonious Monk fino al pop di Billy
Joel. E con una reinterpretazione del brano "And so it goes" del
cantautore americano, Hersch ha salutato nel finale, in versione
piano solo, il pubblico del festival.
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