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Dopo la pandemia i mammiferi evitano ancora di più gli umani

Dopo la pandemia i mammiferi evitano ancora di più gli umani

Studio condotto su scala globale da 220 ricercatori in 21 Paesi

TRENTO, 19 marzo 2024, 11:37

Redazione ANSA

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In Lombardia almeno 21 branchi di lupi, 'vanno contenuti ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

Al ritorno dell'attività umana dopo i lockdown imposti dalla pandemia da covid tra il 2019 ed il 2021 è stato osservato che negli ambienti naturali più integri i mammiferi hanno ridotto la loro attività evitando le persone, mentre negli ambienti più antropizzati sono risultati più attivi, ma anche più notturni. I grandi carnivori, inoltre, sono risultati i più sensibili ai cambiamenti dell'attività umana. Lo dicono i risultati, pubblicati su Nature, di uno studio condotto a scala globale da più di 220 ricercatori in 21 Paesi, incluse 5 istituzioni italiane (Muse e Fem in Trentino, Università di Firenze, Università di Siena e Ispra), e ha indagato l'attività di 163 specie di mammiferi con l'utilizzo di oltre 5 mila foto trappole, per lo più nell'emisfero settentrionale del globo.
    Lo studio ha messo in luce una netta differenza fra ambienti naturali e antropizzati nella tolleranza agli umani e ai rischi associati alla presenza delle persone. Alla ripresa delle attività umane le specie presenti in ambienti intensamente modificati dagli esseri umani, come aree urbane e suburbane, hanno aumentato i loro movimenti, diventando però più notturne, suggerendo così che nonostante la disponibilità di fonti di cibo 'artificiale', i mammiferi selvatici cercano di minimizzare le possibilità di incontro con gli umani, spostando la propria attività nelle ore di buio. Al contrario, gli animali presenti nelle zone più naturali e incontaminate, che spesso rappresentano dei rifugi per le specie più sensibili, hanno risposto al ritorno delle persone evitandole e diminuendo la loro attività. I risultati concorrono con altri studi a documentare una generale tendenza all'incremento della 'notturnalità' dei mammiferi costretti a far fronte a una forte presenza umana. I dati raccolti indicano che questo effetto è maggiormente marcato per le specie soggette alla caccia.
   

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