Scoprire quali sono i terremoti
capaci di rompere il fondale marino e scatenare gli tsunami è
l'obiettivo della ricerca internazionale pubblicata sulla
rivista Nature Geoscience e condotta dall'Italia, con Istituto
Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e le università di
Padova e Firenze, con le università britanniche Royal Holloway
di Londra, di Manchester e di Durham, e con le giapponesi di
Tsukuba e Kyoto. "Fino a pochi anni fa si riteneva che le
rotture sismiche non fossero in grado di propagarsi attraverso i
più superficiali e soffici sedimenti marini ricchi in argilla",
ha detto Paola Vannucchi, primo autore dell'articolo. Che le
cose non stiano così lo ha dimostrato l'esperimento condotto
presso l'Ingv con il più potente simulatore di terremoti del
mondo, chiamato Shiva (Slow to HIgh Velocity Apparatus). I test
hanno dimostrato che i forti terremoti, di magnitudo superiore a
7, possono causare la rottura della roccia dalla profondità
massima di 35 chilometri fino al fondale marino.
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