(di Francesco Brancati) Jovanotti è
la sorpresa che l'Istituto Europeo di Oncologia ha regalato alle
proprie pazienti giunte da tutta Italia per l'annuale riunione
'Ieo per le donne' che, voluta dal professor Umberto Veronesi e
riproposta ogni anno fino a diventare quasi un'istituzione
milanese, era stata interrotta per due anni e mezzo a causa del
Covid. In un teatro Manzoni pieno a metà, a causa delle regole
imposte dalla pandemia, Lorenzo Cherubini ha raccontato, al pari
di alcune pazienti, la propria esperienza col cancro, quella che
lo ha coinvolto come padre, e alla fine ha regalato a quel
pubblico speciale un paio di canzoni, famosissime,
accompagnandosi con la chitarra, ricevendo applausi entusiasti.
"Qualche anno fa mia figlia Teresa - ha spiegato Jovanotti - ha
scoperto di avere un nodulo al seno e allora ho fatto una
telefonata all'IEO. Mi hanno passato Paolo Veronesi". "Allo Ieo
ho trovato degli amici. Poi per fortuna il nodulo si è
dimostrato non preoccupante: un fibroadenoma. Si dice così, no?
Ormai conosco anche questi termini". Ma un paio di anni dopo
Teresa scopre di avere un linfonodo che le fa male: "Siamo
andati da un infettivologo, che le ha fatto fare un esame e mi
ha detto di essere un po' preoccupato e consigliato di farla
vedere 'meglio'. Quindi ho richiamato Paolo. Nel frattempo ci
eravamo sentiti per gli auguri di Natale, lui era venuto a un
concerto. Ed è cominciata un'avventura che è continuata l'estate
scorsa con mesi difficili. Solo oggi, che Teresa (20 anni) per
fortuna sta bene e la malattia è scomparsa e ha ripreso la sua
scuola, comincio a rendermi conto in maniera un po' più
razionale di tutto quello che è successo, degli incontri che ho
fatto, delle scoperte che ho fatto rispetto alle persone vicine
a me, alle mie due ragazze, mia moglie e Teresa, che hanno
affrontato questo viaggio con una forza che mi ha sorpreso. Io
credevo di essere quello forte del gruppo e invece ero quello
che aveva le gambe che cedevano". Una lezione di vita. Allo Ieo
"ho scoperto - ha aggiunto - un luogo davvero eccezionale, da
proteggere, da difendere. Che vive grazie alla spinta iniziale
del professor Veronesi, il padre. Ma questa è una spinta che non
solo non finisce, ma viene continuamente alimentata, duplicata
dal lavoro di tutti. Noi ci siamo sentiti contemporaneamente
molto normali, più o meno come gli altri, e molto speciali, come
gli altri". "Quello che io ho imparato da padre, in quel
momento, da essere umano coinvolto direttamente, è che queste
cose si affrontano, oggi con strumenti molto più avanzati,
evoluti, complessi, un giorno alla volta, con un obiettivo
davanti, pensando al futuro, ma - ha sottolineato - con
coraggio, con speranza e con fiducia. Queste sono le parole
fondamentali. Ma ne aggiungerei una, forse un po' più astratta
ma necessaria, con l'amore". E da questo punto di vista il Covid
ha aiutato la sua famiglia "perché ci ha facilitato
l'isolamento. Io sono ad esempio riuscito a tenere a bada tutti
i parenti. Perché tutti i parenti proiettavano su Teresa la loro
preoccupazione". E poi "il mio lavoro, con il covid, ad esempio,
si è fermato. E meno male che si è fermato, se no avrei dovuto
spiegare a tutti che non potevo suonare, perché mia figlia…
Questo dal mio punto di vista è stato un aspetto positivo". "So
che cosa state passando - ha detto alle donne in sala -, che
questa è un'avventura per la quale l'obiettivo è uscirne più
forti, dal punto di vista interiore e anche dal punto di vista
fisico. Certo, siamo più vulnerabili. Ma la vulnerabilità di per
sé non è un fatto che ci rende deboli, ci rende più umani, più
consapevoli e quindi anche più forti".
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