(dell'inviata Manuela Tulli)
Le ferite della guerra sono cumuli
di pietre, muri sbrecciati, strade ancora sconnesse. Francesco
arriva a Mosul, la città al nord dell'Iraq che è stata fino al
2017 roccaforte dell'Isis, per pregare per le vittime della
guerra. Dietro di lui la chiesa siriaca venuta giù sotto le
bombe. Per le strade uno spiegamento di militari per proteggere
il Papa, con la preoccupazione che qualche cellula dormiente
possa rovinare questo momento storico per l'Iraq. Poi
l'esplosione della gioia a Qaraqosh, la città della Piana di
Ninive dove c'era la più grande comunità cristiana del Paese.
Francesco entra in una cattedrale tirata a lucido, abbellita da
fiori bianchi e baciata anche dal sole. Tre anni fa l'Immacolata
Concezione era un poligono di tiro e dentro i jihadisti
nascondevano pure i loro prigionieri. E' la giornata della
'carezza', della speranza, della vicinanza ai cristiani che,
insieme alle altre minoranze, soprattutto gli yazidi, hanno
subito sotto le minacce del Califfato una delle persecuzioni più
efferate degli ultimi anni. La strada che da Erbil porta il Papa
a Qaraqosh è una lingua d'asfalto, piena di check-point, campi
profughi, cimiteri. Ottanta chilometri che furono attraversati
da circa 120mila cristiani, la maggior parte dei quali in una
sola notte, tra il 6 e il 7 agosto 2014, quando l'Isis aveva
piantato nei villaggi cristiani le bandiere nere e aveva segnato
le porte con la 'N' di nazareno, seguace di Cristo. Ad aprire le
porte in quei giorni furono i curdi di Erbil. Secondo i dati
della fondazione pontificia Aiuto Alla Chiesa che Soffre, una
delle realtà più attive nel sostegno del rientro dei cristiani
nell'area, ad oggi sono tornate poco meno della metà delle
famiglie. E Papa Francesco ha parlato dell'esodo come di "un
danno incalcolabile non solo per le persone e le comunità
interessate, ma per la stessa società che si lasciano alle
spalle". Ascolta commosso le testimonianze di chi è
sopravvissuto, ed è tornato dopo anni di campo profughi ma
lancia anche un messaggio di speranza perché "il terrorismo non
ha l'ultima parola". "Con grande tristezza, ci guardiamo attorno
e vediamo altri segni, i segni del potere distruttivo della
violenza, dell'odio e della guerra. Quante cose sono state
distrutte! E quanto dev'essere ricostruito! Questo nostro
incontro - ha detto Papa Francesco a Qaraqosh - dimostra che il
terrorismo e la morte non hanno mai l'ultima parola. L'ultima
parola appartiene a Dio". Chiede con il cuore in mano ai
cristiani di "perdonare" perché questa è l'unica via indicata da
Dio. Poi plaude alle esperienze di convivenza, di aiuti, di
reciproco rispetto. "E' possibile sperare nella riconciliazione
e in una nuova vita". Ribadisce che la religione non è mai
contro nessuno. "Se Dio è il Dio della vita - e lo è -, a noi
non è lecito uccidere i fratelli nel suo nome. Se Dio è il Dio
della pace - e lo è -, a noi non è lecito fare la guerra nel suo
nome. Se Dio è il Dio dell'amore - e lo è -, a noi non è lecito
odiare i fratelli". La gioia esplode poi a Qaraqosh: sono
migliaia le persone nelle strade ad attenderlo, nonostante la
pandemia, nonostante le paure che restano nel cuore. E' il primo
vero e proprio 'bagno di folla' in questa visita in Iraq dove la
misure anti-covid e quelle di sicurezza messe in campo dal
governo iracheno avevano blindato gli eventi, a poche centinaia
di inviati registrati. Poi il Papa va ad Erbil, nel Kurdistan
iracheno, che accolse i cristiani in fuga. Celebra la Messa,
l'evento conclusivo di questo viaggio che sembrava impossibile.
Come quello di Abramo che "sperò contro ogni speranza", per
usare le parole dello stesso Francesco. "L'Iraq rimarrà sempre
con me, nel mio cuore", si congeda. "Chiedo a tutti voi" di
"lavorare insieme in unità per un futuro di pace e prosperità
che non lasci indietro nessuno e non discrimini nessuno". "Prego
che i membri delle varie comunità religiose, insieme a tutti gli
uomini e le donne di buona volontà, cooperino per stringere
legami di fraternità e solidarietà al servizio del bene comune e
della pace. Salam, salam, salam! Shukrán! (Grazie), Dio vi
benedica tutti! Dio benedica l'Iraq! Allah ma'akum! (Dio sia con
voi)". Stasera il ritorno a Baghdad e domani il Papa lascerà
l'Iraq concludendo il viaggio che è già nella storia.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA