Il 13 maggio Stevie Wonder compie 70
anni. La sua carriera ne ha 59, visto che il primo contratto lo
ha firmato a 11 anni. Con la Motown, la casa discografica di
Detroit che inventò "The Sound Of Young America".
Non c'è dubbio che si tratti di uno di quei personaggi per
cui non c'è alcun timore nell'usare la parola genio, per la sua
precocità, per il talento compositivo, per l'originalità, per le
doti vocali, per il modo in cui ha innovato la musica Black e
Pop in generale attraverso la commistione di generi e
l'elettronica, per la capacità straordinaria di creare un sound
unico e imitatissimo, per l'essere diventato un'icona della
lotta per i diritti dei neri americani, della Pace e della
solidarietà per l'Africa, per essere un modello per la comunità
Black di artista consapevole e in grado di avere il controllo
sulla sua musica.
Entrato ragazzino alla Motown, a 13 anni va primo in
classifica con "Fingertips", un'improvvisazione live di
armonica. Ancora oggi è il più giovane artista ad aver raggiunto
la cima della hit parade.
Ripercorrere la sua carriera vuol dire mettere le mani in un
repertorio impressionante fatto di canzoni che sono parte
integrante della vita popolare, "Superstition", "For Once in My
Life", "Isn't She Lovely", "Master Blaster", "Overjoyed" per
citare solo qualche titolo. Attorno a questa serie di titoli ci
sono però anche alcuni tra gli album più importanti di sempre,
"Talking Book", "Innervision", "Songs In The Key of Life".
Più che i cento milioni di copie vendute, i Grammy (25,
insieme a Sinatra è l'unico ad averne vinto tre consecutivi per
i suoi album), l'elenco infinito delle collaborazioni, "We Are
The World", le tante canzoni di successo, vale la pena segnalare
la straordinaria capacità di Stevie Wonder di avere un suono:
impossibile non riconoscerlo quando canta, quando suona
l'armonica (chi non ricorda l'armonica di "There Must Be An
Angel"?), quando suona la tastiera o il pianoforte, perfino
quando suona la batteria.
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