"Salvini, in nome della bellezza e
dell'intelligenza. Fai un gesto nobile. Sparati in bocca. Ps:
prima o poi verrai appeso a un lampione, ne sei consapevole?".
Così su Facebook, attraverso un profilo 'fake', Valerio
Ferrandi, giovane antagonista milanese e leader dell'area
anarchica, aveva replicato ad un post del segretario della Lega
Matteo Salvini, il 25 aprile del 2016, ed è finito a processo
con l'accusa di diffamazione e minacce. Procedimento nel quale
lo stesso Salvini si è costituito parte civile, chiedendo
all'imputato 20mila euro di danni.
La prima udienza del processo a carico del giovane si è
tenuta oggi davanti al giudice Giuseppe Vanore e il prossimo 30
gennaio sarà sentito il leader della Lega. "In una giornata
sacra come il 25 aprile - ha detto fuori dall'aula Ferrandi,
figlio di Mario, ex di Prima Linea - il signor Salvini dovrebbe
evitare le consuete provocazioni. La mia non era una minaccia ma
un invito a studiare la storia per evitare che si ripeta".
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