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Diffamazione: il governo chiede il rinvio dell'esame del ddl

Diffamazione: il governo chiede il rinvio dell'esame del ddl

La presidente della Commissione Giulia Bongiorno aveva convocato una riunione di maggioranza

17 aprile 2024, 18:40

Redazione ANSA

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Il governo ha chiesto il rinvio dell 'esame del disegno di legge sulla diffamazione - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il governo, in Commissione Giustizia del Senato, ha chiesto il rinvio dell'esame del disegno di legge sulla diffamazione. Dopo le polemiche dei giorni scorsi sugli emendamenti presentati dal relatore Gianni Berrino (FDI) che prevedevano il carcere fino a 4 anni e mezzo e che sono stati poi ritirati, la presidente della Commissione, Giulia Bongiorno aveva convocato una riunione di maggioranza per fare il punto. E sembrava si fosse trovata un'intesa puntando tutto sul "titolo e la rettifica", ma senza prevedere la detenzione. Il governo, invece, oggi ha chiesto di rinviare perché "c'è bisogno di altri approfondimenti".

 

Gasparri: 'Serve una soluzione per una rettifica efficace'

   "Nessuno intende toccare l'articolo 21 della Costituzione. Il tema vero e lo dico non solo da parlamentare ma anche da giornalista professionista da quasi 40 anni, è l'efficacia delle rettifiche e del ripristino della reputazione. Nelle leggi c'è scritto che le rettifiche e le smentite vanno pubblicate con la stessa evidenza. In realtà questo non avviene mai. Siamo pieni di rubriche delle lettere che smentiscono in corpo otto, nell'angolo di una pagina, titoli di nove colonne in prima pagina che hanno colpito persone che poi, nel tempo, si sono rivelate estranee alle narrazioni fatte.

Siamo pieni di trasmissioni televisive che alla fine leggono la letterina di smentita pervenuta. Il tema è questo". Lo ha detto il presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri intervenendo in Commissione Giustizia a proposito del ddl sulla diffamazione per il quale il governo ha chiesto un rinvio dell'esame. "L'unico giornalista che ha rischiato di andare in carcere fu Sallusti e la vicenda è stata talmente clamorosa che finì con la grazia del Presidente della Repubblica - ha proseguito - nessuno vuole mettere le manette a nessuno e l'unico caso reale che si è verificato finì con una discussione ai massimi livelli della Repubblica proprio per il clamore della possibilità che un giornalista andasse in carcere, anche se non tutti insorsero nel caso di Sallusti perché ci sono le insurrezioni a raggio limitato sulla libertà e sull'articolo 21".

"Il punto vero è l'efficacia del ripristino della reputazione delle persone danneggiate. Se c'è un titolo a nove colonne, si deve fare una rettifica a nove colonne, altrimenti si devono pagare multe salate, non andare in carcere. Non vogliamo coartare la volontà di nessuno, ma nemmeno si può avere la disponibilità della reputazione altrui impunemente", ha concluso.

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