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Volontario italiano fermato in Etiopia, situazione delicata

Volontario italiano fermato in Etiopia, situazione delicata

Finito nella rete della caccia alla 'quinta colonna' tigrina

IL CAIRO, 11 novembre 2021, 19:08

Redazione ANSA

ANSACheck

Alberto Livoni - RIPRODUZIONE RISERVATA

Alberto Livoni - RIPRODUZIONE RISERVATA
Alberto Livoni - RIPRODUZIONE RISERVATA

Sta bene e ci sono contatti per ottenerne la scarcerazione: appaiono questi i due punti fermi nel 'delicato' caso di Alberto Livoni, l'operatore umanitario emiliano finito nelle reti della caccia a ogni possibile "quinta colonna" del temuto assedio tigrino di Addis Abeba. Livoni, in stato di fermo da sabato in un commissariato della capitale etiope, viene definito "in buona salute" ed è confortato da visite delle autorità consolari italiane concesse ogni giorno e non solo ogni due come di regola.

Il 65enne è Coordinatore per l'Etiopia del "Vis" (Volontariato internazionale per lo sviluppo), una ong che affianca i salesiani in progetti di scolarizzazione e formazione professionale di giovani e che è molto attiva nel nord del Tigrè: è la regione da un anno epicentro della guerra civile ingaggiata dal premier, e paradossalmente premio Nobel per la pace 2019, Abiy Ahmed, che si era azzardato a ridimensionare il peso politico dei bellicosi tigrini, per un quarto di secolo al potere in Etiopia nonostante siano minoritari (5%) nel ginepraio della novantina di etnie etiopi.

Il fermo di Livoni è stato compiuto da forze di sicurezza nella sua abitazione ad Addis Abeba dopo un'irruzione e assieme a lui sono stati fermati due operatori dello staff locale del Vis. Le autorità etiopi vogliono accertare perché il dirigente italiano avrebbe ceduto circa 20 mila dollari a una persona: anche se non è stata formalizzata alcuna accusa, gli inquirenti etiopi sospettano che i fondi siano serviti ad aiutare i miliziani del Fronte popolare di liberazione del Tigrè (Fplt) lanciati ora alla conquista della capitale, e non solo profughi. Con le sorti del conflitto ribaltatesi passando dalla vittoria-lampo proclamata da Abiy un anno fa agli annunci tigrini della conquista di città a circa 400 chilometri dalla capitale etiope, il governo ha proclamato lo Stato di emergenza: un provvedimento che sospende le normali regole e con esse quella che limitava a 72 ore i fermi. "La situazione, dunque, "è delicata", come notano fonti informate.

Col chiaro intento di scovare chiunque potrebbe rivoltarsi qualora i tigrini, e i loro alleati oromo, si avvicinassero ancor di più alla capitale, le autorità etiopi hanno scatenato un'ondata di arresti: centinaia, secondo la Commissione etiope per i diritti umani. Fermi che non hanno risparmiato neanche dipendenti di enti internazionali: 72 autisti che lavorano per il Programma alimentare mondiale (Pam-Wfp) a Semera, nel nord del Paese: e almeno 16 dipendenti etiopi dell'Onu, di cui nove ancora detenuti mercoledì. Ma anche prelati: il giorno prima del fermo di Livoni, vi era stata l'irruzione in una scuola infantile gestita dai Salesiani ad Addis Abeba con l'arresto di 17 tra sacerdoti, fratelli e impiegati nel Centro. Un missionario italiano, Padre Isidoro, è stato rilasciato nel pomeriggio ma gli altri etiopi ad oggi sono ancora in stato di fermo. 

   

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