Manager e grand commis: il grande risiko delle poltrone è appena cominciato per il governo giallo-verde di Giuseppe Conte tra novità e conferme. Le nomine Rai e quelle di Cdp sono la punta di un iceberg che talvolta è sotterraneo. Molti ministri hanno iniziato a definire i propri staff. Ma bisognerà attendere il 3 settembre per avere un quadro definitivo: è questa infatti la data entro la quale è possibile attivare lo spoil system per cambiare i dirigenti pubblici.
Al momento - segnala uno studio anticipato da Il Foglio realizzato da FbLab della società Fb&Associati - non sempre prevale il cambiamento. Guardando a capi di gabinetto e capi del legislativo dei ministeri più importanti si scopre che solo nel 40% dei casi, per i ministeri del M5s, si tratta di new entry.
La Lega, invece, nel 50% degli incarichi ha scelto persone che avevano già lavorato nelle amministrazioni precedenti. Ci sono poi le società e le autority, con incarichi in scadenza o con nomine per le quali è iniziata una certa fibrillazione.
Ecco il puzzle di nomine e poltrone.
1) LE RICONFERME: il caso più emblematico è quello del Ministero dell'Economia. Tria ha confermato Roberto Garofoli, come capo di gabinetto, incarico che aveva anche con Renzi e Gentiloni. Ma lo stesso hanno fatto Salvini e Di Maio. Matteo Piantedosi, che aveva lavorato con il governo Monti, è ora capo di gabinetto agli Interni. Vito Cozzoli è al Mise: aveva lavorato con il governo Renzi e poi aveva lasciato l'incarico con Gentiloni. Il ministro Savona, invece, ha nominato capo di gabinetto Carlo Deodato, presidente di sezione del Consiglio di Stato che aveva collaborato con i governi Letta e Berlusconi. E ha portato con sé Diana Agosti che aveva lavorato con i governi Berlusconi 2, 3 e 4. Al Miur, con Marco Bussetti della Lega, c'è Giuseppe Chinè che viene dal Consiglio di Stato e aveva lavorato con Letta, Renzi e Gentiloni: lo stesso percorso di Alberto Tabacchi al ministero dei rapporti con il parlamento con il pentastellato Riccardo Fraccaro.
2) LE NEW ENTRY: Il caso più emblematico è al ministero per il Sud: il capo di gabinetto è Valeria Capone, che non arriva da alcun dicastero ma aveva lavorato a lungo negli uffici legislativi dell'Idv e del M5s in Parlamento. Mai avuto esperienze di governo anche Furio Baldi al ministero della Giustizia di Alfonso Bonafede. Alle Infrastrutture con Danilo Toninelli (M5s) è arrivato Gino Scaccia, un accademico che non aveva mai ricoperto incarichi in altre legislature. Nuovo a metà Pierluigi Petrillo, capo gabinetto all'Ambiente: è un docente universitario e aveva ricoperto altri ruoli nello stesso dicastero e all'agricoltura.
3) LE POLTRONE NEL MIRINO: Difficile una riconferma per il presidente dell'Inps, Tito Boeri. Scade il prossimo anno in primavera ma il pressing mediatico è diventato forte, sia da Salvini sia, ora, da Di Maio. Nel mirino è finito, ma quando non accade, anche il ragioniere generale dello Stato Daniele Franco, che proviene dalla Banca d'Italia e oramai da qualche legislatura controlla coperture e conti dei provvedimenti. Ma il suo ruolo 'terzo' è davvero strategico anche per la fiducia dei mercati e non è facile che possa essere cambiato. Tra le poltrone sotto i riflettori anche quella del capo dell'Agenzia delle Entrate Ernesto Ruffini, viene da Equitalia ed ha un ruolo chiave per un governo che vuole cambiare il sistema fiscale.
4) LE SOCIETA': Composto il puzzle della Cdp e con la Rai a metà del guado - in attesa che martedì il ministro dell'Economia indichi al consiglio dei ministri i due componenti del Cda tra cui l'amministratore delegato - gli occhi sono puntati sulle Ferrovie. L'assemblea è prevista per il 27 luglio e non è un mistero che la Lega non veda di buon occhio la fusione Fs-Anas voluta dall'attuale numero uno Renato Mazzoncini. In prorogatio sono poi i vertici dell'autorità per l'energia (Arera), con il presidente Guido Bortoni, mentre qualche fibrillazione registrata in parlamento sul presidente di Consob, Mario Nava, ha fatto intervenire il vice-ministro all'economia Massimo Garavaglia che ha espresso ''grande stima''. Di certo nel mirino è invece Fabrizio Pagani: era con Padoan al Mef, dal quale si è dimesso, ma è rimasto come rappresentate del Tesoro nel Cda dell'Eni. Il sottosegretario di Palazzo Chigi Stefano Buffagni ha chiesto espressamente le sue dimissioni.
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