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Regionali: in Sicilia "laboratorio" tentazione larghe intese

Regionali: in Sicilia "laboratorio" tentazione larghe intese

Idea spaventa M5S e, in era Rosatellum, può "anticipare" governo

28 ottobre 2017, 22:16

di Michele Esposito e Domenico Trovato

ANSACheck

Beppe Grillo in Sicilia - RIPRODUZIONE RISERVATA

Beppe Grillo in Sicilia - RIPRODUZIONE RISERVATA
Beppe Grillo in Sicilia - RIPRODUZIONE RISERVATA

"La Sicilia è un laboratorio politico", sono soliti dire i "big" del M5S aspirando ad una vittoria che gli dia il pass per Palazzo Chigi nel 2018. Ma la frase, per Beppe Grillo e Luigi Di Maio, può essere interpretata in modo diametralmente opposto.

L'isola simbolo della vittoria laica per il divorzio nel 1974 e del 61 a 0 di berlusconiana memoria potrebbe infatti anticipare ciò che, sottotraccia, in tanti prevedono per l'Italia: un governo di larghe intese. A 8 giorni dalle Regionali, infatti, la sfida sembra essere soprattutto quella tra il centrodestra guidato da Nello Musumeci e il M5S di Giancarlo Cancellieri.

Difficile, però, che il candidato presidente vittorioso abbia "in mano" il Parlamento regionale. Per ottenere la maggioranza all'Ars, infatti, servono 42 (e non più 54 come previsto dalla precedente legge elettorale) e la quota appare al momento irraggiungibile. Che fare quindi? Lasciare lo scranno di presidente per manifesta "non autosufficienza" all'Ars o trattare con il nemico? E la domanda è legata a doppio filo con uno dei "leit motiv" della campagna siciliana, il voto utile.

Nell'area del centrosinistra, sebbene nessuno lo ammetterà, almeno fino a lunedì 6 novembre, tra il detto e lo smentito un'idea sembra avere preso forma: votare una lista del centrosinistra e Musumeci presidente? Anche perché, nei continui passaggi tra centrodestra e centrosinistra che si sono consumati negli anni all'Ars, è forse più facile 'dialogare' con ex compagni di partito.

E l'idea spaventa non poco il M5S che sta dirigendo i suoi ultimi strali proprio contro Musumeci bollandolo come un candidato "fantasma" nelle mani dell'azzurro Gianfranco Micciché e dei cosiddetti "impresentabili".

"Vedo che Berlusconi non cita mai Musumeci, è quindi pronto al voto disgiunto, nel senso che, qualora votasse in Sicilia, voterebbe Cancelleri presidente e la lista di FI", afferma, provocatorio, Alessandro Di Battista nel corso della marcia di un M5S destinato come gli altri, in caso di vittoria, a porsi il grande quesito dell'appoggio nell' Ars.

Un appoggio che lo stesso Cancelleri non può infatti negare ("se non dovessimo avere la maggioranza dovremo governare", diceva alcuni giorni) spostando comunque il tema al post-urne.

In ogni caso, nell'era del Rosatellum la Sicilia potrebbe ancora una volta anticipare un trend nazionale: quello delle larghe intese. Del resto, non sarebbe la prima volta. Accadeva, ad esempio, nel 1974 quando la Sicilia targata Dc fu l'unica Regione al Sud a registrare la vittoria dei favorevoli al referendum sul divorzio. Ed accadde alle Politiche del 2001 quando, con il Mattarellum, la Casa delle Libertà si impose con un sorprendete 61 a 0 nei collegi uninominali: spalancando le porte al trionfo di Silvio Berlusconi sul centrosinistra.

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