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Antitrust, stop alle bufale sul web. Grillo: 'Volete l'inquisizione'

Antitrust, stop alle bufale sul web. Grillo: 'Volete l'inquisizione'

Pitruzzella, non è censura ma difesa rete. M5s, non ci fermerete

ROMA, 31 dicembre 2016, 15:22

Marcello Campo

ANSACheck

Beppe Grillo - RIPRODUZIONE RISERVATA

Beppe Grillo - RIPRODUZIONE RISERVATA
Beppe Grillo - RIPRODUZIONE RISERVATA

Una rete di agenzie pubbliche dei Paesi Ue contro le 'bufale' online che fissino regole per evitare che la rete continui a essere una sorta di Far West. Lo propone il presidente dell'Antitrust, Giovanni Pitruzzella, in un'intervista al Financial Times, provocando la reazione furiosa di Beppe Grillo, che sul suo blog associa Pitruzzella a Gentiloni e Renzi, definendoli "i nuovi inquisitori del web", desiderosi di "un tribunale per controllarlo e condannare chi li sputtana". L'obiettivo del ragionamento di Pitruzzella è lottare contro la diffusione in rete delle notizie false. A suo giudizio, questa opera di smascheramento delle bufale è più efficace se viene affidata agli Stati. "Ritengo che dobbiamo fissare queste regole e che spetti farlo al settore pubblico", aggiunge il presidente dell'Autorità, evidenziando che gli utenti continuerebbero "a usare un Internet libero", ma beneficerebbero di un'entità "terza", indipendente dal governo, "pronta a intervenire rapidamente se l'interesse pubblico viene minacciato". "La post-verità - è la tesi centrale di Pitruzzella - è uno dei motori del populismo ed è una minaccia per le nostre democrazie". Ma è proprio sul tema del controllo della rete che Grillo sferra il suo attacco: "Vogliono fare un bel tribunale dell'inquisizione, controllato dai partiti di governo, che decida cosa è vero e cosa è falso".

In serata, Pitruzzella torna sull'argomento su Skytg24: "La mia non è una proposta volta a creare forme di censura, ma a rafforzare la tutela dei diritti nella rete". Contro Grillo, il Presidente del Pd, Matteo Orfini: "Caro Beppe Grillo. Nessuno attacca la rete. Attacchiamo i cialtroni che la inondano di bufale e bugie. A proposito, ne conosci qualcuno?". Un tema, quello delle fake news, centrale nel dibattito in Usa, soprattutto dopo il trionfo di Trump, ma che è stato rilanciato di recente anche in Italia dalle più alte cariche istituzionali. Dalla Presidente della Camera, Laura Boldrini, al capo dello Stato, da Giorgio Napolitano sino allo stesso premier ieri, tutti loro hanno espresso le loro preoccupazioni circa il clima violento e incontrollato che si sviluppa sui social, che spesso arriva a produrre odio e violenza. A tutti loro, Grillo replica secco, ritagliandosi il ruolo di difensore dell'autonomia del web. "Il premier fotocopia Gentiloni ieri ha detto che gli strappi nel tessuto sociale del Paese sono causati anche da Internet. Per il sempregrigio Napolitano "la politica del click è mistificazione". Renzi è convinto di aver perso il referendum per colpa del web. I travestiti morali - prosegue l'ex comico - sono abituati alla TV, dove se vai con una scheda elettorale falsa i giornalisti ci credono, ma se lo fate sul web i cittadini ve lo dicono che siete dei cazzari, non prendetevela". E il post si chiude con un avvertimento: "Questo Blog non smetterà mai di scrivere e la Rete non si fermerà con un tribunale. Bloccate un social? Ne fioriranno altri dieci che non riuscirete a controllare. Le vostre post-cazzate non ci fermeranno". Al di là della polemica, anche l'esecutivo si sta occupando concretamente di questo tema. Ma già emergono alcuni dissapori.
   
Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha proposto "la responsabilizzazione dei social network nel contrasto alla propaganda d'odio", chiedendo la "rimozione di quei contenuti che inneggiano a comportamenti violenti o a forme di discriminazione". In una lettera al Foglio, la replica del sottosegretario con delega alle Comunicazioni Antonello Giacomelli che avverte: "I milioni di cittadini che tutti i giorni usano Facebook o Youtube sanno benissimo come funzionano Facebook o Youtube e non credo accetterebbero l'idea che qualcuno preventivamente decidesse cosa pubblicare e cosa censurare".
   

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