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Cofferati, dalla Cgil a Strasburgo, le tante vite del "Cinese"

Cofferati, dalla Cgil a Strasburgo, le tante vite del "Cinese"

Con lui 3 milioni a Circo Massimo,poi "discusso" sindaco Bologna

BOLOGNA, 18 gennaio 2015, 16:48

Leonardo Nesti

ANSACheck

Foto d 'archivio dei segretari Sergio D 'Antoni (Cisl), Pietro Larizza (Uil) e Sergio Cofferati (Cgil). ANSA/LUCIANO DEL CASTILLO - RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto d 'archivio dei segretari Sergio D 'Antoni (Cisl), Pietro Larizza (Uil) e Sergio Cofferati (Cgil).  ANSA/LUCIANO DEL CASTILLO - RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto d 'archivio dei segretari Sergio D 'Antoni (Cisl), Pietro Larizza (Uil) e Sergio Cofferati (Cgil). ANSA/LUCIANO DEL CASTILLO - RIPRODUZIONE RISERVATA

"In ogni conflitto le manovre regolari portano allo scontro, quelle imprevedibili portano alla vittoria". E' una delle più celebri citazioni de "L'arte della guerra" di Sun-Tzu, il libro che Sergio Cofferati ha sempre tenuto sulla propria scrivania, quella di segretario della Cgil, di sindaco di Bologna, di europarlamentare, che lo ha accompagnato insieme al nomignolo mai gradito del "Cinese", dovuto al taglio dei suoi occhi.
    Nato in provincia di Cremona quasi 67 anni fa, Cofferati ha cominciato l'attività sindacale alla Pirelli di Milano, scalando la Cgil fino a salirne alla guida nel 1994, come successore di Bruno Trentin. E quando il 23 marzo del 2002, alla fine del suo mandato, portò tre milioni di lavoratori al Circo Massimo per protestare contro l'abolizione dell'articolo 18, in una sinistra ancora sconvolta dalla sconfitta del 2001, in molti videro in lui il leader naturale da contrapporre a Silvio Berlusconi.

    Cofferati, per indole e per formazione (anche i suoi detrattori, dentro la Cgil, riconoscono in lui il più grande talento negoziale della storia del sindacato italiano), è più a suo agio nel conflitto che nella mediazione. E come Tex Willer (l'eroe dei fumetti, un altro dei suoi idoli) è abituato ad affrontare i suoi avversari uno per volta. Come Massimo D'Alema, con il quale non ha mai avuto una grande simpatia.
    E così nel 2003, forse per farlo fuori da giochi più grandi, forse per affidargli una missione che non poteva essere fallita, il centrosinistra lo invoca per andare a guarire, l'anno successivo, una delle sue ferite più dolorose degli ultimi vent'anni: riprendere Bologna, dal 1999 governata dal centrodestra. Arriva in città sull'onda dell'entusiasmo e vince a mani basse al primo turno. La sera della vittoria, i più anziani osservano che era dalla Liberazione che non c'era così tanta gente in piazza Maggiore.

    Sia Cofferati sia Bologna, però, hanno due caratteri forti ed il rapporto non è mai stato fra i più tranquilli. In cinque anni da sindaco ha perso il conto di quelli con cui ha litigato: da Rifondazione per il bando ai lavavetri, al Questore per la mancata repressione di una manifestazione, passando per il presidente della squadra di calcio della città, la Curia, l'Università, la stessa Cgil e pezzi considerevoli del suo partito.
    E quando a fine 2008 ha annunciato di non volersi candidare per un nuovo mandato (motivandolo con la volontà di trasferirsi a Genova per stare vicino alla nuova compagna e al figlio appena nato) nessuno a Bologna si è messo a piangere per il dispiacere.

    Cofferati, però, non è rimasto a lungo né disoccupato né a fare il papà a tempo pieno e dal 2009, a suon di preferenze, si è guadagnato uno scranno al Parlamento europeo, poi confermato la scorsa primavera. Fino alla decisione di provare a vivere un'altra vita, cercando di guadagnarsi la candidatura alla presidenza della Regione Liguria con le contestate primarie.
    Come in una di quelle opere di Giuseppe Verdi che Cofferati, da grande esperto di lirica, a volte canticchia per commentare i fatti della politica, capita che la vita torni inaspettatamente sui suoi passi: con un pezzo della sinistra, Sel, che di nuovo guarda a lui con interesse. 

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