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Coronavirus: tra le vittime l'ex boia della Virginia

Coronavirus: tra le vittime l'ex boia della Virginia

Dopo 62 esecuzioni era diventato oppositore pena capitale

NEW YORK, 21 aprile 2020, 19:09

Redazione ANSA

ANSACheck

Foto d 'archivio © ANSA/EPA

Foto d 'archivio © ANSA/EPA
Foto d 'archivio © ANSA/EPA

Per 37 volte aveva premuto il pulsante della sedia elettrica della Virginia e per 25 volte aveva amministrato l'iniezione letale. Jerry Givens, per 17 anni il direttore della camera della morte più attiva negli Usa dopo quella del Texas, è rimasto vittima del coronavirus.

Le 62 esecuzioni a cui aveva dato il via non avevano fatto di Givens un "assassino nato". Ispirato dai rimorsi per esser arrivato a un filo dal mettere a morte un innocente, l'ex boia era passato dall'altra parte della barricata. Diventato uno dei più ardenti oppositori della pena di morte in Virginia, aveva organizzato proteste, testimoniato in parlamento, incontrato famiglie di condannati e delle loro vittime.

Givens, morto a 67 anni in un ospedale di Richmond, aveva lavorato come agente di custodia in una prigione statale prima di diventare nel 1982 il capo della squadra dei boia, un processo che, aveva detto una volta, lo aveva costretto a trasformarsi da qualcuno che cercava di "redimere vite" a una persona che su ordine di un giudice toglieva vite umane. In ossequio alle leggi che regolavano la sua professione Jerry non aveva rivelato a nessuno, neanche ai parenti piu' stretti, il suo vero mestiere fino a quando non aveva lasciato nel 1999 il sistema delle prigioni.

"E' stato uno dei pochi boia pronti a parlare in pubblico della loro esperienza e di come quell'esperienza lo aveva trasformato nel tempo", lo ha ricordato Michael Stone, direttore esecutivo dell'organizzazione abolizionista Virginians for Alternatives to the Death Penalty. A far cambiare idea a Givens era stato nel 1985 il clamoroso caso di Earl Washington Jr, reo confesso di aver stuprato e ucciso una 19enne madre di tre figli. Washington, un minorato mentale, stava per essere messo a morte quando, a pochi giorni dall'esecuzione, i legali ottennero la prova del Dna che alla fine fece riconoscere la sua innocenza.

   

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