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In trincea con i Peshmerga, "difendiamo il mondo"

In trincea con i Peshmerga, "difendiamo il mondo"

Ufficiale curdo: "L'Isis è il nostro peggior nemico"

QARAJ, 19 giugno 2015, 15:15

Lorenzo Trombetta

ANSACheck

In trincea con i Peshmerga, difendiamo il mondo - RIPRODUZIONE RISERVATA

In trincea con i Peshmerga, difendiamo il mondo - RIPRODUZIONE RISERVATA
In trincea con i Peshmerga, difendiamo il mondo - RIPRODUZIONE RISERVATA

I jihadisti dell'Isis sono "il nostro peggior nemico" e "la nostra lotta non è solo per salvare l'Iraq ma tutto il mondo". Nel primo giorno di Ramadan, il mese islamico del digiuno, il maggiore Raed Khader dei Peshmerga parla dall'ultimo avamposto curdo tra Erbil e Tikrit, nel nord dell'Iraq, distante appena due chilometri dalle postazioni più avanzate dell'Isis nei villaggi arabi circostanti. "I combattenti dell'Isis sono quelli che per anni sono stati i nostri vicini", afferma il maggiore dalla cima del terrapieno eretto lungo il confine di fatto tra il Kurdistan e lo Stato islamico. "Abbiamo notizia di pochissimi combattenti stranieri. La maggior parte vengono da Mosul, da Tikrit, da Hawija", afferma il miliziano curdo riferendosi ai principali centri a maggioranza araba e sunnita dell'area attorno a Erbil. Prima di giungere all'avamposto da Erbil, capitale della regione autonoma curda, bisogna attraversare diversi posti di blocco dei Peshmerga, la milizia curda che riunisce combattenti dei due principali partiti rivali curdo-iracheni. Arrivati a Qaraj, cittadina fantasma in mezzo ai campi di grano, la prima autorità a cui chiedere i permessi per esplorare la zona è Ismail Mustafa. Non ha gradi militari e si vanta di non aver mai indossato una divisa. Porta gli abiti tradizionali e mostra con fierezza il lanciarazzi "Made in Iraq" degli Anni '80. Mustafa ha perso un occhio in un attentato compiuto dall'ala irachena di al Qaida nel 2007, poco lontano da Qaraj. "La guerra c'era già allora. L'Isis non è altro che un'altra forma dell'estremismo sunnita contro cui combattiamo da anni. Sono gli stessi giovani che organizzavano attentati. Ora si chiamano Isis ma è la stessa lotta", afferma. Dal suo ufficio il convoglio militare scorta gli ospiti a una base locale dei Peshmerga. Il generale si è da poco svegliato dal sonno dopo aver consumato il pasto prima dell'alba della prima giornata di digiuno. "Siamo qui a difendere la democrazia. La Costituzione irachena ci chiede di proteggere tutti gli iracheni, a prescindere della loro appartenenza confessionale o etnica", afferma il generale Zayan Ismail. I comandanti locali illustrano la demarcazione di zone di controllo militare della zona: la linea del confine tra Isis e Peshmerga passa di fatto lungo la divisione tra località curde e arabe. I jihadisti erano arrivati in questa base l'8 agosto 2014. Nelle settimane successive i Peshmerga erano riusciti a riprendere controllo dell'area. "Non difendiamo solo il Kurdistan e l'Iraq, ma tutto il mondo. Perché l'Isis è una minaccia globale", afferma il maggiore Khader. Dall'avamposto si ergono due torrette di controllo. "Di notte i miliziani tentano delle sortite e noi apriamo il fuoco con questi vecchi mitragliatori", afferma un Peshmerga che ha preferito non identificarsi. "Servono armi moderne per sconfiggere l'Isis. Abbiamo bisogno di razzi anticarro, con quelli potremmo spazzare via i jihadisti in un giorno", sottolinea il militare. Prima di lasciare l'avamposto i miliziani curdi rimangono in cima al terrapieno per una foto ricordo con gli ospiti venuti da Erbil. "Non avete paura di esser colpiti dai cecchini dell'Isis?". "A quest'ora dormono", risponde un Peshmerga. "E' Ramadan anche per loro".

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