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L'Isis e il suo magazine, propaganda 'istituzionale'

L'Isis e il suo magazine, propaganda 'istituzionale'

Proclami ma anche dossier sulla sanità. E la 'top10' dei video

ROMA, 22 maggio 2015, 15:50

Claudio Accogli

ANSACheck

Dabiq, la rivista del gruppo in lingua inglese - RIPRODUZIONE RISERVATA

Dabiq, la rivista del gruppo in lingua inglese - RIPRODUZIONE RISERVATA
Dabiq, la rivista del gruppo in lingua inglese - RIPRODUZIONE RISERVATA

ROMA - Proclami contro gli apostati e i nemici dell'Islam, ma anche 'dossier' sullo stato della sanità nel 'califfato' dell'Isis. Dabiq, la rivista del gruppo in lingua inglese, continua a sfornare numeri e si trasforma sempre più da magazine rivolto ai 'lupi solitari' a vera e propria rivista patinata dei seguaci di Abu Bakr al Baghdadi.
    Sono lontani i tempi di Inspire, il magazine di al Qaida fondato dall'imam americano-yemenita al Awlaki, che trasudava di brevi proclami per poi passare ai tutorial per costruirsi una bomba in casa con qualsiasi materiale, dai fiammiferi alle pentole.
    Dabiq si rivolge chiaramente a un pubblico più ampio. Il nome deriva dal luogo della mitica battaglia tra musulmani e pagani prima del giorno del giudizio e il primo numero ha visto la luce a luglio del 2014. Ora si è arrivati al nono: spiccano tra le 78 pagine tutte a colori una serie di 'messaggi pubblicitari' che rimandano a 'compilation' e 'top10' dei video sfornati dai media dell'organizzazione. Questi sono accompagnati dalle informazioni tecniche per caricare i sottotitoli o le varie versioni, in lingua inglese, francese, russa e anche turca.
    Ma non solo. Non mancano le citazioni cinematografiche e le 'firme di spicco', tra le quali soprattutto quella di John Cantlie, il reporter ostaggio divenuto una vera stella mediatica dell'Isis, che non a caso titola il suo ultimo pezzo "La tempesta perfetta", riferendosi all'avvento dell'Isis.
    Ed è proprio lui a sottolineare che, per la prima volta nella storia contemporanea, i jihadisti a livello globale possono coordinarsi in tempo reale. "Quando c'è un gruppo di mujaheddin agguerriti che coopera e scambia informazioni per la prima volta sotto la stessa bandiera la potenzialità per operazioni mai viste cresce esponenzialmente", scrive il britannico, mettendo sul piatto, pur ipoteticamente, anche un attentato nucleare negli Stati Uniti

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