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Isis: nuovo video, abbiamo le armi lanciate ai curdi

Isis: nuovo video, abbiamo le armi lanciate ai curdi

Jihadisti, Usa le hanno paracadutate sulle nostre postazioni

MURSITPINAR (TURCHIA), 21 ottobre 2014, 19:46

Alberto Zanconato

ANSACheck

Un peshmerga curdo-iracheno - RIPRODUZIONE RISERVATA

Un peshmerga curdo-iracheno - RIPRODUZIONE RISERVATA
Un peshmerga curdo-iracheno - RIPRODUZIONE RISERVATA

In un nuovo video i jihadisti dell'Isis sostengono di essere entrati in possesso delle armi che gli Usa hanno lanciato per aiutare i curdi a difendersi dall'assedio di Kobane, nel nord della Siria. Lo riporta la Cbs. I miliziani sostengono che le armi e le munizioni sono stati lanciati per sbaglio sulle postazioni da loro controllate.

La Turchia aiuterà le forze curde dei peshmerga iracheni a entrare in Siria per unirsi ai curdi che combattono nella difesa di Kobane contro lo Stato islamico (Isis). L'annuncio, fatto dal ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, segna una svolta nella politica di Ankara, finora restia ad appoggiare le milizie curde siriane dell'Ypg, considerandole un'organizzazione terroristica pericolosa per la stessa integrità territoriale turca. Intanto, per la prima volta, gli Usa hanno paracadutato armi, munizioni e materiale medico alle milizie curde che difendono Kobane. Un'iniziativa giudicata "di grande aiuto" da parte di un portavoce dell'Ypg. "Sarebbe irresponsabile non aiutare i curdi", ha detto da parte sua il segretario di Stato americano, John Kerry, spiegando le ragioni di questa decisione.

Le milizie curde dell'Ypg resistono da settimane, grazie anche ai raid aerei della Coalizione internazionale a guida americana, al tentativo dell'Isis di impadronirsi della città siriana a ridosso del confine turco. I motivi delle resistenze mostrate finora da Ankara ad aiutare con un intervento militare l'Ypg, o a lasciare passare rifornimenti di armi per i combattenti che difendono la città, sono state spiegate chiaramente ieri dal presidente Recep Tayyip Erdogan.

Il partito curdo siriano dell'Unione democratica (Pyd) e il suo braccio armato Ypg, ha affermato il presidente, altro non sono che una "organizzazione terroristica" al pari del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), che da 30 anni si batte per l'indipendenza dalla Turchia. Tuttavia, dopo una conversazione telefonica avvenuta tra lo stesso Erdogan e il presidente americano Barack Obama, il capo della diplomazia turca ha annunciato la nuova linea. "Non abbiamo mai voluto che Kobane cada e la Turchia conduce diverse iniziative per impedirlo", ha detto Cavusoglu. Ma i miliziani curdi assediati dallo Stato islamico hanno fatto sapere di volere da Ankara anche un intervento per aprire "corridoi di sicurezza" all'interno della Siria per collegare Kobane con le altre due zone a maggioranza curda nel nord del Paese: Afrin, a ovest di Aleppo, e Hasaka. "Abbiamo decine di migliaia di uomini e armi pesanti a Hasaka e Afrin, vogliamo solo farle arrivare qui", ha detto, in un'intervista pubblicata dal quotidiano panarabo al Hayat, Ocalan Isso, comandante militare delle forze curde di Kobane.

Sul fronte iracheno, intanto, continuano gli attentati contro la comunità sciita attribuiti all'Isis, che segue una dottrina fondamentalista sunnita. Tre autobomba sono state fatte esplodere nella città santa di Karbala, cento chilometri a sud di Baghdad. La televisione libanese Al Manar, del movimento sciita Hezbollah, afferma che il bilancio è di almeno 13 morti e 40 feriti. In precedenza un attentatore suicida si era fatto saltare in aria nella moschea sciita di Kayrat, in un'area centrale di Baghdad, provocando almeno 17 morti. Domenica un altro kamikaze aveva compiuto un attentato in una moschea sciita nell'area di Al Hartiya, a ovest della capitale, con un bilancio di 21 morti e 25 feriti.

Da parte sua, Papa Francesco ha fatto sentire nuovamente la sua voce, parlando in occasione del Concistoro con i cardinali e i patriarchi dedicato alla situazione in Medio Oriente. "Non possiamo rassegnarci a pensare al Medio Oriente senza i cristiani", ha affermato il Pontefice. "Tanti nostri fratelli sono perseguitati e hanno dovuto lasciare le loro case anche in maniera brutale", ha aggiunto il Papa, aggiungendo che ciò è avvenuto "nell'indifferenza di tanti".

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