Mentre continua a infuriare il
party-gate, arrivano le scuse di James Slack, l'ex portavoce del
premier britannico Boris Johnson, per la sua festa d'addio
avvenuta il 16 aprile scorso a Downing Street, con una trentina
di partecipanti dello staff del primo ministro, la notte prima
del funerale del principe Filippo e in possibile violazione
delle restrizioni anti-Covid vigenti allora che imponevano il
distanziamento negli eventi al chiuso.
Slack, che ha lasciato il suo posto al n.10 per diventare
vicedirettore del tabloid Sun, ha fatto mea culpa per la "rabbia
e il dolore" che la notizia dell'evento ha causato nel Regno
Unito - se si considera in particolare la mancanza di rispetto
per la regina Elisabetta in lutto dopo la morte del marito - e
si è inoltre assunto la "piena responsabilità", oltre a dirsi
"profondamente dispiaciuto".
In un altro party, avvenuto lo stesso giorno secondo le
rivelazioni dei media, è stata festeggiata la partenza di un
fotografo personale del primo ministro. Tutto questo non può che
accrescere ulteriormente la pressione sul premier conservatore,
che comunque non era presente a nessuno dei due nuovi eventi
incriminati, mentre si allunga la lista dei deputati Tory che ne
chiedono le dimissioni. Sono arrivati a cinque, dopo che anche
Andrew Bridgen ha invocato un cambio al vertice. Numeri ancora
ridotti e ben lontani da quelli che servono per una sfiducia a
Johnson ma che rivelano insidiose manovre interne al partito.
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