BRUXELLES - La riforma del regolamento di Dublino ha fatto un primo, importante passo avanti con l'approvazione di un testo da parte della Commissione libertà civili dell'Europarlamento che supera il principio del Paese di arrivo dove il richiedente asilo deve restare. Ma la strada resta tutta in salita perché il provvedimento deve ancora passare all'esame del Consiglio. E molti Paesi, come si è potuto constatare anche in occasione del vertice europeo di oggi, restano contrari a qualsiasi forma di condivisione del problema. Un'opposizione che ha il suo 'zoccolo duro' nel gruppo di Visegrad formato da Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia.
In ogni caso per il presidente del Pe, Antonio Tajani, il via libera giunto dalla commissione è "fondamentale per l'asilo Ue solidale. Ora - ha aggiunto - tocca agli Stati membri fare presto la loro parte. Così com'è Dublino non solo è ingiusto ma anche inefficace, come ha dimostrato la recente crisi dei migranti". Una posizione, quella del Pe, condivisa da Pd e da Ong come Migrantes e Amnesty International. In particolare Amnesty, in una nota, ha sottolineato come il voto del Pe apra "la strada a un sistema che ridà dignità ai richiedenti asilo riconoscendo come prioritari i ricongiungimenti familiari e l'equa distribuzione tra Paesi membri".
Non tutti i gruppi politici la pensano però allo stesso modo. Lega Nord e M5S hanno votato contro in commissione. "La riforma del Regolamento di Dublino III non migliorerà la situazione dell'Italia", ha detto il vicesegretario leghista Lorenzo Fontana. "L'entusiasmo con cui l'establishment europeo sta accompagnando questo voto è totalmente fuori luogo". Per Laura Ferrara (M5S), "non c'è nulla da festeggiare. Si tratta di un vergognoso passo indietro, non viene introdotto un meccanismo automatico per i ricollocamenti e, anzi, tutti i migranti economici resteranno dove arrivano". Sia come sia, a dare il polso della situazione esistente in sede di Consiglio Ue, dove contano i voti dei singoli Paesi, è stato il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, secondo il quale il sistema delle quote obbligatorie per la ripartizione dei richiedenti asilo tra i partner europei "non ha futuro". A meno che non si voglia creare una frattura insanabile con i Paesi di Visegrad, ma forse anche con altri nordici - come i baltici - che non gradiscono il sistema.
Anche alla luce di queste difficoltà, e per cercare di evitare le 'doppie volocità', Tusk ha presentato ai leader Ue riuniti a Bruxelles per il consueto summit di ottobre una 'road map' in base alla quale una decisione sulla riforma di Dublino dovrebbe arrivare solo a maggio-giugno del 2018. Limitandosi per ora, nelle conclusioni che saranno diffuse al termine del vertice, a dare il benvenuto ai progressi fatti e invitando ad andare avanti sulla strada intrapresa per arrivare a un accordo "con un giusto equilibrio tra responsabilità e solidarietà".
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