Traballa la poltrona di Nicola
Sturgeon, la leader indipendentista scozzese dell'Snp e capo del
governo di Edimburgo, accusata di aver mentito in Parlamento
sulle presunte interferenze nelle indagini giudiziarie contro
Alex Salmond: suo ingombrante predecessore ed ex padrino
politico, di cui è sospettata d'essersi voluta liberare
definitivamente, investito nei mesi scorsi da denunce di
presunte molestie sessuali da parte di ex collaboratrici
risalenti a quando egli era ancora first minister della Scozia e
alla fine assolto su tutta la linea in tribunale.
Sturgeon deve infatti fare i conti ora col verdetto di una
commissione parlamentare locale di fronte alla quale ha
testimoniato di recente sotto giuramento sulla vicenda.
Commissione che, stando alle anticipazioni dei media e in attesa
del responso ufficiale previsto la settimana prossima, ha già
giudicato come ingannevoli e mendaci le sue dichiarazioni con 5
voti contro 4: tanto da indurre Douglas Ross, leader Tory
scozzese - il cui partito è all'opposizione in Scozia, mentre è
al potere nel governo centrale britannico - a invocarne le
dimissioni immediate. La leader indipendentista insiste da parte
sua nel negare tutte le le accuse imputando il parere della
commissione al pregiudizio politico delle opposizioni. E resiste
contando sul sostegno dell'Snp, che controlla il Parlamento di
Edimburgo, ma non la commissione stessa (dove dispone di 4
membri, contro due conservatori, uno laburista, uno liberale e
uno indipendente).
Su di lei pende tuttavia anche il giudizio indipendente
affidato a un giurista e avvocato irlandese, James Hamilton,
sulla sua possibile violazione degli standard di comportamento
del codice ministeriale. Cosa che se fosse sancita ne imporrebbe
di fatto le dimissioni da first minister della Scozia,
metterebbe a rischio le speranze dell'Snp di rafforzare la
propria maggioranza alle elezioni locali in calendario a maggio
e renderebbe ancor più difficile la battaglia post Brexit degli
indipendentisti per cercare di strappare a Londra il via libera
a un referendum bis sulla secessione dal Regno Unito che Boris
Johnson e la maggioranza Tory nazionale negano categoricamente
di voler concedere.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA