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Usa: nero muore di fame in cella dopo furto da 5 dollari

Usa: nero muore di fame in cella dopo furto da 5 dollari

Era in carcere da aprile, aveva rubato una bibita e due snack

NEW YORK, 01 settembre 2015, 11:51

Redazione ANSA

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Jamycheal Mitchell, morto di fame in cella, dopo essere stato arrestato per un furto da 5 dollari (da Twitter) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Jamycheal Mitchell, morto di fame in cella, dopo essere stato arrestato per un furto da 5 dollari (da Twitter) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Jamycheal Mitchell, morto di fame in cella, dopo essere stato arrestato per un furto da 5 dollari (da Twitter) - RIPRODUZIONE RISERVATA

di Ugo Caltagirone

Aveva 24 anni e soffriva di disturbi mentali. E' morto di fame in cella, dopo essere stato arrestato per un furto da 5 dollari. Una storia di emarginazione e - accusa qualcuno - di discriminazione che arriva dalla Virginia, Stati Uniti, non molto lontano dalla capitale Washington. Jamycheal Mitchell, afroamericano, aveva rubato un paio di snack e una bibita in un mini market della cittadina di Portsmouth, e per questo nell'aprile scorso era finito dietro le sbarre. E vi è rimasto quattro mesi, senza che nel frattempo qualcuno gli abbia detto qualcosa sul suo destino, o abbia fatto qualcosa per venire a capo della sua situazione. Inspiegabilmente, nonostante le sue condizioni psichiche e fisiche andassero visibilmente peggiorando.
Un caso clamoroso di 'malagiustizia', dunque, che riaccende in America la polemica sull'eccessiva repressione di molti reati minori, spesso compiuti all'interno delle comunità più povere e più disagiate del Paese, come frequentemente denunciato dallo stesso presidente americano Barack Obama. Le vittime sono quasi sempre giovani afroamericani o ispanici, e le statistiche su questo parlano chiaro. E di colore era Jamycheal: "E' morto di cause naturali", hanno sentenziato le autorità carcerarie che all'alba lo hanno trovato in cella disteso in terra, senza vita. Nessun segno di ferite o di traumi. Nessun giallo o caso sospetto. Anche se si aspettano ancora i risultati dell'autopsia. Ma si sa che il ragazzo - come denuncia la sua famiglia - da tempo rifiutava il cibo. Non voleva mangiare, e non voleva farsi medicare o curare dal personale del penitenziario. Chiuso in un silenzio che nulla aveva a che fare col suo carattere giocoso e vivace. "Il suo corpo ha ceduto", piange una zia, che lo ricorda come un ragazzo con problemi psichici (soffriva anche di schzzofrenia) ma sempre allegro, pieno di vita. Un po' la mascotte del quartiere in cui viveva. Tutti lo conoscevano, e lui tutto il giorno andava in giro per le strade della sua comunità. "Fumava, rideva, e faceva ridere la gente, ma non faceva mai nulla di male, non ha mai fatto male a nessuno", ricordano. Quella cella, in tutte queste settimane di reclusione senza un perchè, deve essergli stata troppo stretta. Ora le autorità decideranno se aprire un'inchiesta. E più che mai d'attualità diventa la proposta di Obama di quella riforma della giustizia lanciata durante la sua visita al penitenziario federale di El Reno, in Oklaoma, il mese scorso. La prima volta che un presidente in carica visitava un carcere. "Tutti i giovani - le sue parole - commettono degli errori. Non troppo diversi da quelli che commisi io, con la differenza che non tutti hanno il sostegno e i mezzi per superarli". Quindi l'appello per una giustizia meno miope verso le diseguaglianze e in grado di "distinguere" tra chi ha commesso un errore - a volte veniale come quelle di Jamycheal - e chi è un vero criminale.

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