(di Luciana Borsatti)
Una Free zone che ha già saputo dare impulso allo sviluppo di una regione finora rimasta ai margini del Paese, la desertica Sistan e Baluchistan, e che si propone agli investitori iraniani e stranieri, europei compresi, per diventare un grande porto con accesso diretto all'Oceano Indiano, e punto di partenza per il corridoio di trasporto verso l'Asia centrale. E' il futuro pensato per Chabahar, città portuale nell'Iran del sud, sita a poche decine di chilometri dal Pakistan, e soprattutto affacciata sul Golfo dell'Oman, fuori dello stretto di Hormuz che chiude il Golfo Persico. Una collocazione geografica unica, sottolineano negli uffici della Free zone, che può garantire trasporti sicuri verso l'Afghanistan e i Paesi vicini e che si associa anche a significative potenzialità di sviluppo turistico intorno alle sue spiagge e ad alcuni siti storici e ambientali. "Dall'istituzione della Free Zone nel 1994 vi sono stati 2000 investitori - dice Saeed Moghadam, responsabile investimenti - e fra questi 250 stranieri". Per la metà circa giunti da Asia centrale e Paesi arabi del Golfo, precisa, per il 30% dalla Cina e per il resto dall'Europa, in particolare Gran Bretagna, Francia e Germania". Ma Chabahar guarda anche, conferma, all'Italia.
Pesano però anche qui le sanzioni contro l'Iran, e in particolare le misure che ostacolano le transazioni finanziarie.
Ma una volta che le sanzioni saranno rimosse - è il messaggio del management - ci sarà molto da fare per tutti, anche appunto per gli europei. Tanto che nell'ultimo anno, informa Moghadam, "sono tornate in parte 250 compagnie, e "siamo pronti per partire".
A farsi avanti finora è stata sicuramente l'India, che ha concluso proprio in questi giorni un accordo per investire 85 milioni di dollari - e altri 100 in futuro - per attrezzare due banchine a terminal container e per altre strutture. Concorrendo anche alla realizzazione di nuove infrastrutture per i trasporti, il governo indiano intende così valersi di un corridoio per le merci verso l'Afghanistan alternativo a quello pachistano.
Certo, riconosce Moghadam, c'è ancora molto da fare, ma "in 2-5 anni possono essere pronte tutte le infrastrutture necessarie": dalla ferrovia alle strade, dal potenziamento dell'aeroporto (ora è militare) al completamento del gasdotto da Iranshahr a Chabahar. Ma i progetti prevedono anche uno sviluppo industriale - dal 'packaging' alla petrolchimica e all'acciaio -, più corsi universitari mirati e un nuovo complesso turistico da 30 ettari. Se i piani andassero in porto, sarebbe una vera svolta per questa regione del sud, abitata dalla minoranza sunnita dei Baluchi, e dove la pesca continua ad essere uno dei settori portanti. Ma la creazione della Free zone è già riuscita a riempire di merci i nuovi centri commerciali sorti in città, dove arriva gente anche da fuori, e ad aumentare l'occupazione.
Agli investitori il management della Free zone promette controllo dell'impresa al 100%, esenzioni fiscali e daziarie, sgravi contributivi per i lavoratori e altre condizioni di favore. E se è vero che sul confine con il Pakistan vi sono stati scontri tra guardie iraniane e terroristi sunniti, si è ottimisti anche sul garantire piena sicurezza. Che verrà, assicura il direttore generale della Free zone Hamed Ali Mobakari, "con lo sviluppo economico".
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