I bianchi, le donne, e parte delle minoranze, a cominciare da ispanici e afroamericani, hanno abbandonato il presidente Usa, Barack Obama: lo dice Mario Del Pero, professore all'università parigina di Sciences Po, commentando a caldo l'elezione di midterm. "Il dato significativo che si vede dagli exit poll è che Obama perde largamente il voto bianco e in particolare il voto delle donne bianche, laddove negli ultimi anni il voto femminile è stato centrale per il successo dei democratici", spiega lo studioso italiano, che oggi insegna in una delle più prestigiose istituzioni di Francia. Del Pero ricorda che nel 2008 e nel 2012 il candidato Dem "riuscì ad attrarre un'ampia coalizione" in cui un "peso importante lo hanno avuto le minoranze, gli afroamericani, gli ispanici, i giovani". Ma oggi, osserva, pezzi di queste componenti, "già di base non particolarmente inclini a recarsi alle urne per le elezioni di medio termine, sono sicuramente delusi e disillusi dall'azione di Obama".
Esempio? "L'elettorato ispanico, che tanto auspicava una legge sull'immigrazione per regolarizzare milioni di clandestini. Una riforma che il presidente non è riuscito a portare a casa". Ma anche i giovani, irritati dal fatto che il loro ex-beniamino "non abbia dato corso ad alcune promesse, come la chiusura del carcere di Guantanamo". "Tutti pezzi di elettorato che sono mancati". Sulla strategia del presidente in vista del voto del 2016, durante quest'ultimo biennio alla Casa Bianca, Del Pero spiega che Obama "potrebbe procedere a colpi di ordini esecutivi e decreti presidenziali, ma rischierebbe di scatenare un conflitto non solo istituzionale ma addirittura costituzionale''. Quanto ai repubblicani, ha osservato, ''non possono continuare la linea dell'ostruzionismo estremo di quest'ultimo quadriennio, se continuano così, perderanno nuovamente credibilità e andranno incontro a una sconfitta nel 2016. Credo piuttosto che i grandi temi, come l'immigrazione, usciranno dal tavolo della discussione perché su quelli un compromesso non è realizzabile e politicamente impraticabile.
Magari ci sarà un'azione di governo di basso livello su tante questioni minime e sulle grandi questioni forse la battaglia sarà simbolica''. In ogni caso è ''difficile immaginare che si esca dalla situazione di semi-paralisi legislativa dell'ultimo quadriennio'', sintetizza Del Pero. Più in generale, l'americanista parla di una vera ''debacle'' per i democratici.
Tra i motivi, tiene a puntualizzare, ''pesa molto il fatto che i buoni dati macroeconomici - bassa disoccupazione e solida crescita del Pil - non si siano ancora tradotti in standard migliori di vita''. E poi c'è stata ''una campagna elettorale tutta incentrata sulla denuncia delle istituzioni, di Washington, del mondo corrotto, paralizzato e inefficace della politica''. "Un discorso molto populista'', osserva Del Pero, che ha inevitabilmente finito per colpire ''il simbolo ultimo di quelle istituzioni e di quella stessa politica, vale a dire il presidente''. Per il politologo, Obama si è ''rivelato più uno studioso che un presidente: molto abile nell'individuare i problemi, nello spiegarli al Paese, ma molto meno capace di attirare le soluzioni necessarie''. Gli stessi insider di Washington, osserva ancora Del Pero, considerano che ''Obama sia uno che di politica non ne fa: non coinvolge i senatori, non piega i parlamentari, non è capace di fare quello che un presidente ha sempre dovuto fare per essere incisivo''. E su molti temi ''non è stato coraggioso''. A partire ''dalla politica estera''.
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