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Le rotte orientali

Le rotte orientali

02 settembre 2017, 10:31

Redazione ANSA

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Le rotte orientali - RIPRODUZIONE RISERVATA

Le rotte orientali - RIPRODUZIONE RISERVATA
Le rotte orientali - RIPRODUZIONE RISERVATA

La ‘piroetta’ a Oriente, contromossa strategica decisa da Vladimir Putin a pochi mesi dallo scoppio dell’Euromaidan a Kiev e al conseguente isolamento della Russia sanzionata dai partner occidentali, si concretizza plasticamente il 21 maggio del 2014, quando Vladimir Putin e Xi Jinping firmano l’accordo per la costruzione del gasdotto Sila Sibiri - Forza della Siberia - destinato a innervare la nuova relazione speciale tra Russia e Cina. Il contratto di fornitura avrà una durata di 30 anni, porterà 38 miliardi di metri cubi di gas ogni anno, e vale circa 200 miliardi di euro. Il prezzo pattuito fra Mosca e Pechino per l’oro blu siberiano è però top-secret, uno dei segreti meglio custoditi della Russia di oggi. La ragione, ovviamente, non è solo commerciale: il delta fra tariffe europee e cinesi - qualora ve ne sia uno, va detto - rappresenta il prezzo che Putin è disposto a pagare pur di crearsi una exit-strategy a Est.

In Asia, infatti, il gas costa di più per quel discorso di frammentazione del mercato di cui sopra e dunque il ‘punto di caduta’ è difficile da calcolare. Il problema però è che mentre il tubo avanza nelle steppe - l’inizio della fornitura è stato stabilito nel corso della visita trionfale di Xi Jinping a Mosca nel luglio scorso: 20 dicembre 2019 - il quadro generale cambia vertiginosamente. La Cina ha recentemente annunciato di aver raggiunto il terzo posto al mondo nella produzione di shale gas dopo Usa e Canada. Secondo il Quotidiano del Popolo il volume di produzione autoctona nel 2016 è stato pari a 7,9 miliardi di metri cubi ed entro la fine del 2017, grazie agli ultimi investimenti, Pechino conta di arrivare a 10 miliardi l’anno (il solo giacimento di Fu-Lin custodisce oltre 600 miliardi di mmc di gas di scisto).

Per Gazprom non si tratta di una buona notizia. Al di là del rapporto strategico fra Russia e Cina sbandierato da Putin, il Dragone è un negoziatore formidabile e nell’impostare la sua strategia energetica di lungo periodo non intende fare beneficenza. Quindi, se è vero che al momento il metano non spicca ai primi posti del paniere energetico cinese - 62% carbone, 19% petrolio, 13% fonti non fossili e 6% gas - è anche vero che entro il 2030 dovrà salire al 15% e l’import, già entro il 2020, dovrebbe raddoppiare, fino a quota 150 mmc. Anche il Dipartimento per gli Affari Energetici di Pechino conferma che i consumi di gas nei prossimi 15 anni cresceranno - del 76% - ma l’intenzione è di coprire l’aumento di domanda con la produzione interna. Insomma, la Cina è interessata all’oro blu russo ma con juicio, tant’è vero che Gazprom e l’omologa cinese Ncp hanno firmato sì un’intesa di massima per una seconda linea dalla Siberia - lo spezzone occidentale da 30 miliardi di metri cubi l’anno - ma senza arrivare ad un accordo commerciale. Traduzione: stanno ancora a carissimo alleato. Per inquadrare il nocciolo della contesa basteranno due dati tratti da un’analisi del quotidiano economico Vedomosti: al tempo della firma dell’accordo sul gasdotto Forza della Siberia 1000 metri cubi di gas in Asia costavano 600 dollari, mentre oggi vengono ‘solo’ 270; d’altra parte, produrre 1000 mc di gas di scisto costa alla Cina fra i 90 e i 150 dollari, mentre a Gazprom non più di 20. La virtù, in questo caso, non è detto stia in mezzo.

La Cina, ad ogni modo, per la Russia non è l’unico mercato di sbocco a Oriente. L’India e il Giappone, infatti, sono le due altre grandi nazioni affamate di gas e ad oggi sconnesse dai gasdotti. Non è dunque un caso se il ministro dell'Energia russo Alexander Novak ha firmato, nel corso dell’ultimo Forum Economico di San Pietroburgo, un memorandum d'intesa della durata di 5 anni con i rispettivi colleghi di Pakistan, Iran e India per portare il gas naturale russo (o iraniano, dettaglio non da poco) nel subcontinente indiano. Gazprom avrebbe già selezionato due possibili rotte con costi di realizzazione compresi fra i 5,7 miliardi di dollari e i 16,5 miliardi, a seconda delle opzioni. Il premier indiano Narendra Modi è stato l'ospite d'onore del Forum. Il progetto attuale prevede di affidare alle compagnie nazionali “uno studio di fattibilità che individui le opzioni di realizzazione e l'approvvigionamento delle risorse”. Nel caso in cui le compagnie dovessero decidere di andare avanti, si passerà agli accordi intergovernativi. Ma anche qui tra il dire e il fare c’è di mezzo l’intrigo. “L’America - confida l’ex dirigente di Gazprom - per ora è riuscita a bloccare il gasdotto attraverso il Pakistan ma si parla già di una condotta fino agli Emirati Arabi e da lì in India”. La guerra tra Mosca e Washington è dunque viva e vegeta pure sul fronte orientale, dove gli Usa - similmente a quanto accade in Europa - contano di incassare anni di rapporti privilegiati quando di non vera e propria tutela. E questo è il caso del Giappone.

In Russia molto si è scritto su un possibile rinascimento nei rapporti fra Tokyo e Mosca, il cui sviluppo potrebbe essere “potenzialmente infinito” - parole del premier nipponico Shinzo Abe. Il Giappone importa il 100% del gas che consuma e lo fa per via delle gasiere: ‘allacciarsi’ alla Russia potrebbe garantirgli un sontuoso sconto sulla bolletta. Gazprom ha già ricevuto richieste in questo senso e i tecnici sono al lavoro. Non è facile. I fondali del Pacifico, in piena zona sismica, non sono dei più adatti e i costi potrebbero superare i benefici. Far entrare il Giappone fra i propri clienti per il Cremlino è però senz’altro allettante. “Se un tale progetto si dimostra economicamente fattibile e le imprese sono interessate, noi lo sosterremo”, ha sottolineato Novak. “Ma è troppo presto per speculare su decisioni specifiche: prima deve essere fatto uno studio approfondito”. Anche perché se è vero che la Russia è saltata tardi sulla nave del gas liquefatto, ora è determinata a recuperare il tempo perduto. Con un sorprendente asso nella manica: lo scioglimento dei ghiacci.

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