"Alcuni provvedimenti assunti a
livello europeo rischiano addirittura di spingere fuori dal
mercato, ex lege, interi pezzi di filiera con punte di assoluta
eccellenza", avverte la Piccola Industria di Confindustria dal
suo forum annuale. Il presidente, Giovanni Baroni, accende così
l'attenzione sui rischi dell'impatto di direttive europee su
filiere, per l'Italia, come "nella componentistica per il
settore automotive, nel riciclo dei materiali e nell'attuazione
dell'economia circolare, nell'industria delle materie prime
seconde".
Per esempio - spiega - "la direttiva sul reporting di
sostenibilità è la cartina di tornasole di come un giusto
obiettivo - quello di migliorare la comunicazione e la
trasparenza rispetto all'adozione di politiche in ambito Esg da
parte delle imprese - possa tradursi in un vero e proprio incubo
per le Pmi, soffocandone il potenziale di crescita sostenibile".
C'è poi "il Fit-for-55, che presenta costi stimati per 4.500
miliardi al 2030 in Europa di cui circa 1.100 mld in Italia. Le
voci del Pnrr dedicate ne coprono il 4,7%. È evidente che su
questo fronte abbiamo un problema tra ambizioni e strumenti
concretamente disponibili".
"Come imprenditori siamo ben consapevoli della gravità del
climate change e dei suoi effetti e siamo altrettanto decisi nel
perseguire obiettivi di riduzione degli impatti e delle
emissioni. Ma - avverte ancora il presidente della Piccola
Industria - non dobbiamo dimenticare che gli obiettivi non
devono pregiudicare la competitività delle imprese. Questo
auspichiamo che sia molto più chiaro al prossimo Parlamento
Europeo, rispetto a quello uscente. Anche perché siamo di fronte
a grandi asimmetrie, non tanto tra i Paesi europei, ma tra Ue e
le grandi aree geografiche, come gli Stati Uniti o la Cina o
l'India".
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