"Hanno ragione gli agricoltori a
protestare contro le distorsioni del sistema agroalimentare.
Prodotti alimentari per un valore complessivo di 65 miliardi di
euro negli ultimi 10 anni sono stati importati in Italia e poi
venduti come Made in Italy, solo perché l'ultimo passaggio della
trasformazione è stato fatto in Italia. Pomodori San Marzano
trasportati dall'Olanda a Verona, il pane pugliese prodotto a
Praga e destinato proprio alla Puglia, per non dire del
trasporto di animali vivi che giungono in Italia solo per la
macellazione e vengono poi venduti come carni italiane". A
sottolinearlo in una nota è la Presidente del Gruppo per le
Autonomie, Julia Unterberger.
"Tutto questo - aggiunge - non è solo un danno per gli
agricoltori, ma è anche una presa in giro dei consumatori, un
colpo all'ambiente e spesso una grande sofferenza per gli
animali. Inoltre, molte volte, gli alimenti importati
dall'estero contengono sostanze vietate in Italia".
"Tutto questo - osserva - è la riprova che i costi dei
trasporti sono ancora troppo bassi e non tengono conto dei costi
per l'ambiente. Con il Green Deal l'Europa prova a sostenere le
produzioni a km zero, il biologico e tutto quello che può
mitigare l'effetto ambientale dell'industria agroalimentare. Se
davvero lo vuole fare, deve modificare la nozione di 'ultima
trasformazione' nella legge doganale: Made in Italy deve
significare che tutta la produzione è stata fatta in Italia e
non solo l'ultimo passaggio". "L'etichettatura deve essere più
rigorosa e indicare la provenienza degli alimenti. Se si vuole
raggiungere la cosiddetta sovranità alimentare, in tutti i
grandi luoghi della ristorazione pubblica come le mense
scolastiche e gli ospedali si devono acquistare prodotti a km
zero anche se costano di più. Tramite gli acquisti pubblici -
conclude - deve essere compensato il dumping dei generi
alimentari provenienti dell'estero e solo fintamente italiani".
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