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Cresce import (dalla Cina), scende export del cappello italiano

Cresce import (dalla Cina), scende export del cappello italiano

70% di aziende si trova nel Fermano-Maceratese, 'serve la Zes'

MACERATA, 25 marzo 2024, 14:16

Redazione ANSA

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Il comparto italiano del Cappello nel 2023 ha visto una diminuzione delle esportazioni (-2,8%) e un aumento delle importazioni (+2,8%) a fronte però di una crescita del fatturato. Il settore conta 121 imprese (-1,6% nel 2023 rispetto all'anno precedente), impiegando 1.950 dipendenti (-1,5%), con un fatturato a 148 milioni di euro (+2,8%). A livello nazionale sale l'import a 262 milioni di euro (+2,7%), scende l'export a 410 milioni di euro (-2,8%). I dati sono resi noti da Paolo Marzialetti, presidente nazionale Settore Cappello e vicepresidente Federazione Italiana TessiliVari.
    Nello specifico, i Cappelli di paglia registrano un aumento delle importazioni di 37,7% in valore. Le esportazioni ammontano a 23,2 milioni di euro, -4,4%. I Berretti evidenziano un aumento delle importazioni (+2,7%) e un calo di 2,8% delle esportazioni.
    Il paese maggior fornitore è la Cina con 74,8 milioni di euro (-16,9%) pari al 28% del totale importato.
    Le esportazioni principali in Francia (72,5 milioni di euro, +20,3%), Germania (46,2 milioni, +0,2%), Usa (35,6 milioni, -12,6%), Svizzera (30,6 milioni, -57,8%), Spagna (19,1 milioni, +16,1%), Giappone (18,3 milioni, +30,2%), Corea del Sud (18 milioni di euro +18,3%), Regno Unito (17,1 milioni di euro, -19,2%), Polonia (12,4 milioni di euro, +6,5%), Paesi Bassi (11,8 milioni di euro, -9,8%).
    Il 70% del valore in termini di aziende, addetti e fatturato dell'intero comparto, segnala Marzialetti, spetta al Distretto del Cappello Fermano (Montappone, Massa Fermana, Monte Vidon Corrado, Falerone)-Maceratese (Mogliano, Loro Piceno, Sant'Angelo in Pontano): 85 circa le imprese, impiegando 1.350 lavoratori circa (compreso l'indotto), con un fatturato di circa 100 milioni, sempre compreso l'indotto. Proprio il 'cuore' nelle Marche del settore, secondo Marzialetti, rischia di essere penalizzato dalla mancata inclusione della regione nella Zes (Zona Economica Speciale). "È questa la vera priorità - osserva -, che renderebbe nuovamente e realmente competitivi i nostri distretti produttivi sia nei confronti delle regioni del Meridione, che già beneficiano della Decontribuzione del 30% essendo incluse nelle precedenti Zese, ma anche rispetto a tutti gli altri Paesi produttori a livello internazionale" conclude.
   
   

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