(di Chiara De Felice)
Fino a qualche giorno fa doveva
essere uno dei vertici più importanti della storia dell'Ue. Ora
è invece visto come l'ennesimo incontro interlocutorio che
calcerà la palla un po' più in là. I 27 leader europei si
vedranno in videoconferenza domani per fare qualche passo avanti
sui principi per far nascere il Recovery Fund, o fondo per la
ripresa, ma non faranno alcun progresso sui contenuti, in attesa
della proposta formale che la Commissione presenterà il 29
aprile. Dalle prime indiscrezioni, la presidente Ursula von der
Leyen sarebbe disposta a mettere sul tavolo una proposta da
1.600 miliardi, cioè una potenza di fuoco simile a quella
chiesta da Italia, Francia e Spagna. Sembra invece scontato, al
vertice, il via libera finale ai tre paracadute approvati
dall'Eurogruppo, cioè quello per gli Stati (Mes), quello per i
lavoratori (Sure) e quello per le imprese (nuova Bei).
Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel sa che si
troverà di nuovo a gestire due fronti opposti: il Nord contro il
Sud, ovvero chi vuole usare solo gli strumenti esistenti come il
bilancio Ue per aiutare la ripresa e chi vuole invece creare
quegli "strumenti innovativi" di cui aveva già discusso
l'Eurogruppo, senza successo. Michel non vuole rischiare di
mettere sul tavolo argomenti troppo divisivi, che potrebbero
tenere i leader impegnati per lunghe ore senza arrivare a
nessuna conclusione, dando così l'immagine di un'Unione sempre
in disaccordo. Per questo, già a inizio settimana ha cominciato
a mediare, convocando un minivertice a cinque con i leader delle
due fazioni: Giuseppe Conte, Pedro Sanchez, Emmanuel Macron da
una parte, Mark Rutte e Angela Merkel dall'altra. Già il fatto
che tutti abbiano partecipato è un segnale di disgelo, visto che
due settimane prima il tentativo era fallito.
Anche se il clima della riunione sarà migliore, non significa
che sarà più facile trovare una convergenza. L'unico punto su
cui si potrà cantare vittoria è affermare la necessità di creare
un fondo per la ripresa. Le idee su come crearlo sono ancora
molto diverse. C'è la proposta spagnola, la più ambiziosa: il
Recovery Fund deve essere finanziato attraverso un "debito
europeo perpetuo", gestito dalla Commissione Ue sulla base di
garanzie prese dal bilancio comune, e capace di dare agli Stati
sovvenzioni a fondo perduto. E' un'idea completamente
indigeribile per i Paesi del Nord, i quali alla vigilia del
vertice europeo sono già soddisfatti che sul tavolo non ci siano
più gli Eurobond. Far indebitare la Commissione Ue, con un
debito perpetuo, la considerano una strada vietata dai Trattati.
C'è poi sempre la proposta francese: la Commissione
costituisce il fondo grazie a garanzie degli Stati e concede
prestiti a lunga scadenza, in base alle necessità di ognuno. E
poi c'è la proposta italiana, che è un tentativo di compromesso
molto realista: un fondo di solidarietà gestito da Bruxelles,
con la garanzia del budget europeo, ma includendo inizialmente
garanzie comuni di tutti gli Stati membri. Le risorse che la
Commissione Ue raccoglierà sui mercati daranno prestiti 'back to
back' agli Stati membri, con "scadenze il più possibile a lungo
termine".
Tutti accettano il concetto del fondo, la Germania accetta
anche che sia la Commissione a gestirlo e strutturarlo come un
grande Sure (garanzie statali che si moltiplicano sui mercati).
Purché dia prestiti e non sovvenzioni. L'Olanda invece resta
scettica su tutto, perché non ritiene che sia questo il momento
di dare più poteri alla Commissione e sovvenzioni agli Stati.
Per mediare, la von der Leyen potrebbe proporre non sovvenzioni
ma prestiti a lunga scadenza, da un fondo che nasca all'interno
del perimetro del bilancio europeo ma che funzioni in modo
autonomo come il vecchio piano Juncker per gli investimenti, o
il nuovo Invest EU.
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