Nonostante le critiche, molte, e le preoccupazioni per la spesa che comporterà nei prossimi anni, alla fine la riforma che abbassa l'età pensionabile a 63 anni per chi ha accumulato 45 anni di contributi è arrivata. Il 23 maggio, in Germania, i deputati del Bundestag hanno approvato la più costosa riforma programmata dalla grande coalizione a guida Angela Merkel. Che ogni anno peserà sui bilanci pubblici per una cifra compresa tra i nove e gli undici miliardi di euro, 160 miliardi fino al 2030. Circa dieci milioni di tedeschi dal primo luglio potranno, negli anni a venire, avvantaggiarsi della nuova norma, accorciando gli anni di lavoro che una precedente riforma sta portando, per tutti gli altri, progressivamente da 65 a 67 anni. In realtà la norma dei 63 anni senza riduzioni della pensione vale solo per i nati nel 1951 e 1952. Per i nati dal 1953 in poi si potrà andare in pensione a 63 anni e due mesi, con due mesi in più per ogni anno. Dalla classe 1964 l'età pensionabile, senza riduzioni, è di 65 anni con i 45 anni di contributi. Ma la riforma non abbassa solo l'età pensionabile, come voluto dalla Spd: anche l'Unione di Cdu/Csu ha infilato alcune sue costose rivendicazioni. Migliora, infatti, il trattamento pensionistico per le madri che hanno sospeso l'attività lavorativa per maternità prima del 1992 (27 euro al mese). Più soldi, infine, anche per le prestazioni riabilitative e per le pensioni per gli inabili al lavoro. Le pensioni alle madri sono la parte più costosa del pacchetto - votato da 460 deputati, 64 contrari e 60 astenuti - e peseranno ogni anno per 6,5 miliardi. Secondo la ministra del Lavoro socialdemocratica, Andrea Nahles, la riforma è un segnale ''della viva solidarietà'' tra le generazioni, e tra ricchi e poveri. Alcuni 'no' sono arrivati anche dalle file dell'Unione di Cdu/Csu, che nelle scorse settimane e mesi aveva espresso più di una perplessità nei confronti del costo della riforma. Per le opposizioni, il partito dei Verdi e la sinistra radicale della Linke, si tratta di una legge sbilanciata e ingiusta. ''Qualcosa migliora, ma molto resta sbagliato com'è'', ha attaccato l'esperto delle pensioni della Linke, Matthias W. Birkwald. A sinistra non piace l'esclusione, dal computo dei 45 anni, dei periodi di disoccupazione prolungata. Né le limitazioni che la grande coalizione ha studiato per evitare che i datori di lavoro si approfittino della riforma per mandare, di fatto, i dipendenti in pensioni a 63 anni appoggiandosi ai sussidi di disoccupazione. Politicamente la nuova legge è una vittoria della Spd, nonostante l'Unione porti a casa più soldi per le madri. Ma il risultato potrebbe ritorcersi contro i socialdemocratici, viste le critiche di parte della Cdu/Csu e, soprattutto, del mondo dell'economia e dei datori di lavoro, secondo cui il nuovo sistema ''è un errore caro, che graverà soprattutto sulle nuove generazioni con un'ipoteca miliardaria''. Anche l'Ocse, in un recente rapporto, aveva criticato la legge, che nel medio periodo dovrà essere finanziata con un'aumento dei contributi pensionistici a danno del mercato del lavoro. Sarebbe stato più sensato, avevano scritto gli esperti, finanziarla con la fiscalità generale.
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