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Mediaset, non c'è trattativa con Vivendi

Mediaset, non c'è trattativa con Vivendi

Confalonieri, bene azione Governo, su Premium ci fu due diligence

MILANO, 18 dicembre 2016, 16:07

Giorgia Bentivogli

ANSACheck

Studi televisivi Mediaset di Cologno Monzese, foto d 'archivio © ANSA/AP

Studi televisivi Mediaset di Cologno Monzese, foto d 'archivio © ANSA/AP
Studi televisivi Mediaset di Cologno Monzese, foto d 'archivio © ANSA/AP

Se l'incontro tra gli a.d. di Mediaset, Pier Silvio Berlusconi e di Vivendi, Arnaud De Puyfontaine, doveva sotterrare l'ascia di guerra, di terra ne deve essere stata messa davvero poca. Almeno a giudicare dalle parole di Fedele Confalonieri, che ha ribadito: quella dei francesi è "una scalata ostile". Non solo dal punto di vista di Cologno Monzese, ma anche per la politica. "Ci sentiamo supportati perché il Governo sta agendo in modo molto corretto e anche molto deciso".

Che il breve incontro fra i due manager non potesse essere risolutivo era ovvio. Ma un primo contatto fra le parti avrebbe potuto essere utilizzato come 'apripista' ad un'azione diplomatica più vasta e approfondita. Così non è stato. Anzi. La mancanza di riservatezza e l'intervista rilasciata da Arnaud De Puyfontaine al Corriere della Sera hanno irritato. Le "gravi affermazioni", ha spiegato Cologno Monzese, "troveranno adeguata replica". E se l'a.d. di Vivendi aveva spiegato di aver comprato per poi trattare, in vista di un progetto industriale comune, Mediaset ha rispedito indietro l'offerta: "non esiste alcuna trattativa". Perché nell'incontro "la società ha ribadito le proprie posizioni, tenendo conto che è suo dovere tutelare gli interessi della società e di tutti i suoi azionisti, non solo di chi detiene il 20% delle azioni". Mediaset resta ferma: prima di parlare bisogna risolvere le questioni in essere, cioè Premium.

Per De Puyfontaine, sulla pay tv Vivendi si è tirata indietro "perché abbiamo scoperto di aver firmato un'intesa diversa da quanto ci era stato detto". "I fatti sono che avevamo un contratto e non lo hanno rispettato - ha ribattuto Confalonieri -. Adesso dire che quel contratto fosse sbagliato è assurdo, sbagliato su che che cosa? Hanno fatto loro le due diligence quindi dovevano accorgersi se c'erano cose che non andavano". Dire adesso "siamo stati imbrogliati" viene insomma visto come un pretesto.

Quindi a Cologno Monzese continua lo studio delle strategie difensive, nel timore che il rastrellamento di azioni Mediaset sia solo l'antipasto di un'ulteriore azione ostile. Anche perché la risposta di De Puyfontaine all'accusa di puntare al controllo in modo subdolo non ha un sapore tranquillizzante: "avremmo lanciato una Opa, e abbiamo i mezzi per farlo". Così se l'azione dell'Agcom e le parole del ministro Calenda fanno dire a Confalonieri che si è capito che in gioco non c'è solo l'italianità ma "anche l'interesse nazionale", dall'altro lato è evidente che nei prossimi giorni molto dipenderà anche dai risultati che daranno le carte portate dagli avvocati del Biscione alla Consob e in Procura, dove è aperta un'inchiesta per manipolazione del mercato. All'orizzonte c'è sempre l'ipotesi di sequestro cautelativo delle azioni Mediaset in mano Vivendi. Ma sono ipotesi di guerra, di certo non un buon viatico alla nascita di quella grande media-company del Sud Europa obiettivo del gruppo transalpino, e che Cologno non disdegnava.

Nell'impasse allora potrebbe intervenire il fattore umano. Perché dietro a Mediaset e Vivendi ci sono pur sempre Silvio Berlusconi e Vincent Bollorè. Molti vedono come possibile mediatore di un incontro quel Tarak Ben Ammar che ora tace, a disagio nel conflitto tra due amici, ma che solo venti giorni fa, intervistato sulla vicenda diceva, "se c'è guerra non ne faccio parte. Se c'è pace, io sono uomo del dialogo, farò di tutto".

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