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Lavoro: il modello tedesco, cosa è e perché piace a tutti

Lavoro: il modello tedesco, cosa è e perché piace a tutti

Sembra mettere d'accordo sinistra e destra

03 settembre 2014, 15:35

Domenico Conti Alessia Tagliacozzo

ANSACheck

Operaio al lavoro in una fabbrica in una foto d 'archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA

Operaio al lavoro in una fabbrica in una foto d 'archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA
Operaio al lavoro in una fabbrica in una foto d 'archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA

Senza lavoro dimezzati in meno di 10 anni e tasso di disoccupazione piu' basso d'Europa secondo gli ultimi dati Eurostat riferiti a luglio: la Germania grazie alla riforma Hartz del mercato del lavoro varata tra il 2003 e il 2005, ha affrontato meglio degli altri Paesi la crisi economica riuscendo a ampliare la base occupazionale.    Il Consiglio Matteo Renzi ha nuovamente citato il mercato del lavoro tedesco definendolo ''un modello e non un nemico'' e sottolineato la necessita' di rendere il nostro sistema piu' simile a quello di Berlino. Gli hanno fatto eco l'ex ministro Tiziano Treu e Filippo Taddei tra gli altri e anche Susanna Camusso ha mostrato segnali di apertura.  

   In Italia il tasso di disoccupazione e' aumentato tra il 2007 e il 2013 dal 6,1% al 12,2% (dati Eurostat) mentre in Germania e' diminuito nello stesso periodo dall'8,7% al 5,3% (ma era al 10,5% nel 2004). A luglio 2014 il tasso dei senza lavoro in Germania era al 4,9%, il piu' basso in Europa. La diminuzione della disoccupazione tedesca e' stata possibile grazie alla riforma Hartz, dal nome dell'ex consigliere d'amministrazione di Volkswagen che, sotto il governo Schroeder, diede vita fra il 2003 e il 2005 a una serie di provvedimenti sul mercato del lavoro nella Germania post-unificazione alle prese con circa cinque milioni di disoccupati. In quattro provvedimenti, la Germania ha rilanciato il suo welfare attraverso sussidi di disoccupazione universali, estesi cioe' a tutti, purche' si dimostri di essere in ricerca attiva di lavoro: i disoccupati vengono sollecitati con proposte di lavoro che, se non accettate, decurtano progressivamente l'indennita'.

  Oltre a buoni per la formazione, job center e agenzie interinali, Hartz ha introdotto i famosi, nel bene e nel male, 'Minijob', contratti di lavoro precari, poco tassati, senza diritto a pensione ne' assicurazione sanitaria; i Midjob, contratti atipici a 400 euro massimi; i finanziamenti a microimprese autonome e un maggior sostegno per gli over-50 che perdono il lavoro. Infine, nella 'Hartz IV', e' stato previsto un reddito di cittadinanza anche a chi non trova lavoro dopo aver completato gli studi, con contributi per la casa, la famiglia e i figli, un'assicurazione sanitaria.

   Nel mercato quindi convivono l'alta flessibilita' del lavoro (su modello americano) con il modello di welfare nord-europeo (sostegno a chi dimostra di non trovare lavoro) ma con regole molto stringenti (come i lavori socialmente utili pagati un euro o un euro e mezzo l'ora per non perdere il sussidio di disoccupazione). Un mix che ha facilitato le assunzioni portando il costo del lavoro, che era cronicamente alto, a livelli cosi' competitivi da rendere la Germania il secondo esportatore mondiale dopo la Cina (a volte superando Pechino). Ma che hanno anche indebolito i consumi, al punto da spingere i partner Ue e persino gli Usa, con l'amministrazione Obama, a chiedere a Berlino di sostenere la domanda interna pagando di piu' il lavoro: una richiesta che ha trovato risposta nell'introduzione del salario minimo quest'anno, anche se c'e' chi dubita sia una misura sufficiente. 

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