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Scalfari, le mie confessioni libertine

Scalfari, le mie confessioni libertine

Grand Hotel Scalfari, 'non l'ho scritto io ma mi sono scoperto'

ROMA, 31 ottobre 2019, 09:54

Redazione ANSA

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(di Michele Cassano) ANTONIO GNOLI E FRANCESCO MERLO, GRAND HOTEL SCALFARI (Marsilio, 304 PP, 18 EURO) "È un capolavoro scritto apparentemente da me, ma io non ho scritto una parola". Così Eugenio Scalfari alla presentazione del libro 'Grand Hotel Scalfari' di Antonio Gnoli e Francesco Merlo, edito da Marsilio e presentato al Tempo di Adriano alla presenza degli autori, di Paolo Mieli, del direttore di Repubblica Carlo Verdelli e del protagonista. "Questo libro mi ha fatto capire cose che erano dentro di me e loro le hanno rese esplicite - ha proseguito -. È un libro molto speciale. Una specie di Madame Bovary... Gli autori mi hanno fatto una quantità di domande, poi hanno raccolto altre informazioni ma non mi hanno detto che scrivevano un libro. Non ho scritto una riga ma mi sono riconosciuto".
    Il sottotitolo é 'Confessioni libertine di un secolo di carta'. Libertine non solo filosoficamente. "Si', sono un libertino - ha detto ancora Scalfari -. Ho cominciato quando avevo 23 anni dirigendo una casa da gioco a Chianciano. L'ho diretta per 4 mesi, appena laureato. Negli orari del casinò andavo con la giacca blu, poi mi mettevo la dinner jacket che al tempo era molto di moda. Finiti i giochi mi trattenevo un po' li' e andavo a letto alle cinque, poi mi svegliavo alle nove".
    Scalfari, attraverso le voci degli autori, racconta la sua vita, anche episodi sconosciuti, dall'infanzia cattolica ai genitori in crisi, dalle profonde amicizie alle contese giovanili. E acnora: il fascista e l'antifascista, gli amori saldi e le avventure rapsodiche, le malattie e la forza per affrontarle, le professioni svolte e la politica vissuta giorno per giorno.
    Sono le confessioni di un novantacinquenne divertito e attratto da questa lunga epoca di transizione. "Abbiamo cercato il filo rosso che unisce i mille Scalfari - ha detto Merlo -.
    Secondo noi questo filo rosso è l'ottimismo, la gioia di vivere che nemmeno io fascismo e la guerra hanno scalfito. Scalfari è lo spartito e noi lo abbiamo suonato".
    "Scalfari come Montanelli e pochissimi altri rappresenta un punto di riferimento esemplare, un maestro - ha aggiunto il direttore di Repubblica, Carlo Verdelli - Quando sono arrivato a Repubblica, da barbaro, volevo fare colpo su di lui e mi ha stupito facendomi un grande regalo. Abbiamo passato un pomeriggio insieme e lo ricordo come un punto di svolta. Da lì, nella mia direzione, ho cercato una ricongiunzione con la sorgente di Repubblica".
    "È un'operazione diversa da un libro intervista - ha detto Mieli -. Viene fuori un quadro diverso dagli altri libri di Scalfari. Il succo è che il passato è importantissimo e gli anni più recenti lo sono molto meno".
   

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