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Mathieu, essere adolescenti in provincia

Mathieu, essere adolescenti in provincia

Lo scrittore Premio Goncourt 2018 con 'E i figli dopo di loro'

ROMA, 27 settembre 2019, 09:47

di Mauretta Capuano

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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NICOLAS MATHIEU, E I FIGLI DOPO DI LORO (MARSILIO, PP 477, EURO 19). Tre adolescenti che fumano le prime canne, ascoltano i Nirvana, passano le giornate annoiandosi e vorrebbero andarsene da Heillange, un'immaginaria e sperduta cittadina di provincia sul lago negli anni Novanta.
    Sono il timido Anthony, la bella Stephanie e il magrebino Hacine, appassionato di moto, protagonisti di 'E i figli dopo di loro' con cui Nicolas Mathieu ha vinto il Prix Goncourt 2018. "Volevo scrivere un romanzo di formazione. Sono partito dall'idea di una delusione amorosa perché so quanto un amore non ricambiato sia un enorme strumento di conoscenza di se stessi e del resto. Lo ho sperimentato io stesso" racconta all'ANSA Mathieu, 41 anni, che è originario di Epinal, nella regione dei Vosgi e ora vive a Nancy. "Anch'io nella mia adolescenza ho passato tanto tempo a fumarmi canne, ad annoiarmi e ad aspettare pensando che me ne sarei andato da qualche altra parte. In ogni personaggio c'è qualcosa di me" spiega lo scrittore che oltre a raccontare la crisi degli adolescenti racconta quella dei loro genitori. Anche lui è padre di un bambino di sei anni, Oscar, a cui è dedicato il romanzo. "Lo chiama il suo libro e gli dispiace non abbia illustrazioni" dice e spiega: "anche i personaggi dei genitori si nutrono della mia esperienza, dell'ambiguità che c'è nell'essere genitori: da una parte è una grande gioia e dall'altra si prova un enorme sentimento di impotenza. Bisogna rendere giustizia anche ai genitori di questi ragazzi. Ho incrociato la crisi economica, quella adolescenziale e quello dei genitori di questi ragazzi". Ma 'E i figli dopo di loro', pubblicato in Italia da Marsilio nella traduzione di Margherita Botto, è soprattutto un romanzo sull'ambivalenza del senso di appartenenza, tipico della provincia, sulla globalizzazione e sull'ambiguità dell'essere appunto genitori.
    "L'ambivalenza si gioca anche sul nome della città Heillange: hill come inferno e angel come angelo. Ho scelto di non raccontare un luogo vero per non dovermi attenere a dettagli precisi sia geografici che cronologici. L'appartenenza è una sorta di incubo: da una parte è un condizionamento e dall'altra una forma di protezione. Le persone sono molto attaccate alla loro identità e al loro territorio, c'è una sorta di ripiegamento su se stessi" sottolinea lo scrittore che recentemente è venuto in Italia per il Festivaletteratura di Mantova 2019. "Il mondo globalizzato e' una sorta di arcipelago in cui ci sono delle isole che sono le grandi città interconnesse, centro di produzione della ricchezza materiale e intellettuale. Tra queste grandi città ci sono dei luoghi più complicati dove c'è una maggiore povertà. E ci sono persone molto più aperte alla globalizzazione, che hanno gli strumenti linguistici e culturali per affrontarla mentre la provincia è il luogo in cui ci sono meno strumenti per comprenderla e dove in realtà le persone considerano la globalizzazione come qualcosa che avviene a loro detrimento e soffrono la concorrenza della produzione delocalizzata" afferma. Visivo nella scrittura che a volte è gergale, il romanzo di 447 pagine, accolto con favore da pubblico e critica e in corso di traduzione in oltre 20 paesi, è destinato a diventare un film. "Ho firmato un po' prima dell'estate il contratto per la trasposizione cinematografica ma non sono autorizzato a parlarne. Il libro è molto visivo, ha una struttura drammaturgica che ben si adatta a un film e le offerte sono arrivate da subito. Ma non ho scritto con questo intento, non ci pensavo, anche se sono un grande appassionato di cinema, ho scritto delle sceneggiature e tutto si ritrova nel libro" dice sorridendo Mathieu che si sente "uno scrittore realista". "Nella formazione della scrittura le esperienze si ispessiscono e diventano dei personaggi" spiega lo scrittore che della vittoria del Goncourt dice: "mi ha dato una legittimazione ovunque e anche un'inquietudine, devo scrivere per sopravvivere al domani. Comunque è da quando ho 7 anni che mi confronto con la scrittura e il Goncourt lo ho vinto a 40 anni" racconta e da un po' di mesi ha cominciato a scrivere un racconto lungo, 'Rose Royal' (Rosa regale) che è il ritratto di una donna. Con i romanzi è diverso: "sai come comincia ma no come finirà" dice lo scrittore che ha esordito nel 2014 con il noir 'Aux animaux la guerre' da cui è stata tratta una serie tv.
   

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