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Flores, la mia nuova generazione cilena

Flores, la mia nuova generazione cilena

Con racconti 'Che vergogna' a Venezia per premio Bauer Giovani

ROMA, 04 aprile 2019, 10:01

di Paolo Petroni

ANSACheck

Paulina Flores, Che vergogna - RIPRODUZIONE RISERVATA

Paulina Flores, Che vergogna - RIPRODUZIONE RISERVATA
Paulina Flores, Che vergogna - RIPRODUZIONE RISERVATA

 PAULINA FLORES, CHE VERGOGNA (Marsilio, traduzione di Giulia Zavagna. pp. 240, euro 16,00).
  Tra i suoi maestri quello che forse gli ha dato di più è stato Alejandro Zambra, racconta la trentenne cilena Paulina Flores, che ha avuto un successo internazionale col suo primo libro, la raccolta di racconti ''Che vergogna'', la quale, per presentarne l'edizione italiana Marsilio, pp. 236 - 16,00 euro - Traduzione di Giulia Zavagna), sarà ospite del Festival Incroci di civiltà a Venezia, dove riceverà il Premio Bauer Giovani la sera di venerdì 5 aprile e sarà in dialogo con Igiaba Scego. Zambra (edito in Italia da Sellerio) appartiene alla generazione precedente e il suo lavoro, quando guarda all'indietro, vive della memoria dolorosa degli anni della dittatura; l'attenzione al passato dei personaggi della Flores invece è quella di chi è venuto dopo e era bambino quando cadde Pinochet e il Cile tornò alla democrazia: ''la mia generazione è cresciuta più libera, più attenta a sé, con meno problemi reali e più tempo per riflettere, per crearsi problemi esistenziali.

 Oggi in Cile pensiamo poco, generalizzando, a accasarci e far figli, magari avendo un lavoro precario così che è facile angosciarsi e rivolgersi indietro col pensiero. E' in questo quadro che ho finito per scrivere di infanzia, di bambini e adolescenti. Storie che mi venivano naturalmente e su cui ho riflettuto solo a posteriori''. Questi suoi personaggi sono tutti più o meno segnati da un avvenimento traumatico, sono soli, vivono un sentimento di sconfitta anche se cercano di sopravvivere. ''In Cile il passato è visto in modo particolarmente problematico, si cerca di dimenticarlo, lo si nasconde non volendo ricordare da dove si viene, le proprie origini famigliari e sociali. Per riuscire a vivere il presente, se si torna alle proprie radici, al proprio passato, in genere ci si inganna da soli, la memoria censura e modifica e questo in un racconto è reso ancora più facile perché mi concentro solo su un fatto, un accadimento preciso, mentre sappiamo che la vita è meno coerente e assi più complessa''.

A rendere esemplari questi nove bei racconti è l'essenzialità di quel che narrano e della scrittura, pulita, tersa e sorretta da una musicalità malinconica, resa viva da un riflesso di verità e umanità (il che fa anche pensare alla finezza della traduzione della Zavagna). C'è chi ha parlato di tono cechoviano, ma qui ogni illusione sembra già perduta e si vive l'accettazione di un'esistenza senza più vera speranza, povera e segnata da fallimenti, che ha il proprio momento di svolta appunto in qualche fatto dell'infanzia,in una sofferta perdita di innocenza. Sarà probabilmente così la vita di quella bambina che una donna, Teresa, porta via di nascosto dalla casa del padre che dorme, dove è andata per un incontro amoroso occasionale, tra due solitudini che si sono attratte momentaneamente. ''E' una bambina che vedo - spiega l'autrice - più che come una persona come una figura allegorica nel rapporto tra i due adulti: guardano in vanti o sono prigionieri del loro dramma; lei è portata via in salvo o è tragicamente rapita via. Forse, come sempre, un po' e un po' e chissà''.

Crescerà allo stesso modo Simona che a nove anni, in pena per il padre disoccupato, cerca di aiutarlo perché così si risolvano anche le liti con la madre, ma lo spinge a un passo sbagliato, tanto da farlo vergognare: ''aveva commesso un errore terribile... il mondo le stava cascando addosso e lei non sarebbe mai riuscita a reggerlo da sola. Perché era sola''. Nata e cresciuta a Conchali, moderno sobborgo povero e operaio di Santiago, Paulina Flores la passione per la letteratura l'ha scoperta - racconta - quasi casualmente, dopo il liceo, con lo studio di Lettere all'università scelto senza alcuna convinzione, come molti della sua generazione, viziata e senza veri problemi, quindi portata a intraprendere strade meno concrete o pratiche. Oggi, rivisitando i suoi temi da una diversa ottica, sta scrivendo un romanzo sui coreani imbarcati per la pesca industrile di calamari nel Pacifico, di cui lesse che erano capaci di gettarsi nelle acque gelide al passaggio dello stretto di Magellano per arrivare a nuoto a Punta Arena, l'estremo sud del Cile: ''mi ha interessato cercar di capire come si può rompere del tutto con il proprio passato con la speranza di poter ricominciare a vivere in modo migliore e felice, un po' come accade da voi con i migranti africani. Poi la realtà è in genere diversa, più violenta e dolorosa, tanto che il titolo provvisorio è: Isola Delusione''.
   

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