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Fusini scava nell'animo femminile

Fusini scava nell'animo femminile

Ambiguità, violenza e attrazione di un rapporto di coppia malato

ROMA, 02 aprile 2019, 09:57

Paolo Petroni

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Grazie alla forza della verità delle parole di Nadia Fusini e del suo racconto articolato e sottile, è questo un affascinante e rivelatorio viaggio al fondo dell'animo femminile, a quei difficili equilibri tra sottomissione e indipendenza, all'ambiguità dei sentimenti, al rapporto di odio amore tra vittima e carnefice, tra paura e fascinazione, che permette al lettore di vedere con più chiarezza cosa c'è dietro certi rapporti di coppia forti e drammatici, teneri e feroci, che non trovano spesso le ragioni per venire denunciati.
    A raccontare tutto è Santini, un poliziotto che vede una sera arrivare in questura una donna che non sta bene, esausta, angosciata e come febbricitante, la quale, quasi in trance, vuole fare una confessione, in cui si avverte una forte umanità.
    E' l'inizio di una articolata confessione di un rapporto di soggezione, amore e violenza con Giovanni, un meridionale senza arte né parte che fatica ad inserirsi a Malo, una cittadina del veneto chiusa dove vive Marìa (scritto con l'accento in ricordo di una nonna andalusa), una maestra del luogo che lo sposerà andando contro l'ostilità della sua famiglia. Spaesato, senza lavoro, Giovanni la spingerà irrequieto a lasciare il lavoro che ama e a seguirlo con la speranza di una vita migliore, più serena, nel ritorno alla sua isola, in Sicilia. Lì sarà lei a trovarsi fuori luogo, guardata e tenuta distanza come una straniera, tra gente con relazioni e modi di fare che le sono del tutto estranei. Sola, senza capire, si aggrappa sempre più al marito che invece ritrova se stesso e una sua vecchia tracotanza e orgogliosa violenza di vivere, tra amici con cui ha legami poco chiari.
    Davanti all'agente Santini, uomo di qualche finezza, amante della lettura e della scrittura che gli hanno affinato sensibilità e la comprensione degli altri, che redige il verbale, e la dottoressa Vitale, una psicologa ispettrice di polizia, Marìa Liberati che dice di arrivare da Trapani prima denuncia il marito come autore di un omicidio, poi invitata a spiegare, racconta tutta la propria storia, definendosi complice. ''In quell'isola le donne sono obbedienti. Ma in realtà non è vera obbedienza: è complicità, è connivenza'' e col tempo anche io ''lo sono diventata: una vigliacca, una complice'' sottomessa alla forza. Perché la sua è la storia di una donna che invece di un marito si trova a rapportarsi con un carceriere violento, a cercar di essere sottomessa, silenziosa sperando ogni sera si avveri il miracolo e Giovanni non trovi un'occasione qualsiasi per far esplodere la sua furia. ''Soffrivo io, ma soffriva anche Giovanni, senza saperlo forse... quella violenza stava diventando l'unico legame tra noi, entrambi ne pativamo e ne vivevamo. E forse per questo l'accettavo. Era l'unica cosa che dividevo con lui''. E anche il sesso, aspro, senza tenerezza, disperato per il forte desiderio, aveva un suo ruolo: ''io imparavo ad amare chi lottava per disfarsi di me, questa era la mia follia''. Accetta così anche che il marito abbia un'amante e poi abbia una reazione violenta quando scopre che quest'ultima forse lo tradisce. Una follia che però le dà anche una resistenza insospettabile, che diventa ancora più forte, passiva ma ferma quando resta incinta e si rifiuta di abortire e non abortisce nemmeno per le botte e i maltrattamenti. Ora è in questura perché ha partorito e il figlio neonato glielo hanno subito tolto, ma lei vuole riaverlo, riavere a questo punto la propria vita e poterne dare una anche al suo bambino, come la maternità le avesse restituito un'identità, un senso. Quando poi tutto sarà risolto e lei si ritroverà a Malo sempre sola, rifiutata, ma libera e col figlio, manderà a Santini, che dalla donna è rimasto profondamente colpito e coinvolto, un libricino, il diario tenuto sull'isola, sorpresa dalla ''tenacia nel volersi spiegare le cose'' del poliziotto, che come uomo è evidentemente attratto in modo particolare da quel che ha sentito. E in quelle pagine scritte in prima persona ecco la confessione chiara, senza reticenze, del morboso piacere di tale sottomissione, della propria volontaria, cosciente discesa agli inferi per una solitudine e un bisogno disperato di relazione e di qualsiasi tipo di attenzione scambiato per amore, ricostruita, narrata da una femminista storica come la Fusini, che va alla ricerca mimetica della verità aldilà di ogni paravento ideologico, con una scrittura che sembra avere dentro l'urgenza stessa di Marìa, il suo timore, tra interrogativi senza risposta, ragionamenti tragicamente paradossali, speranze assurde e paure profonde, ma con una sua essenziale vitalità.
   
   

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